Notizie dagli USA


Corte Suprema contro il limite dei 230

La sezione 230 del Communication Decency Act (legge sulla decenza nella comunicazione) è il baluardo legislativo a difesa delle grandi multinazionali digitali che pubblicano su internet: dal commercio elettronico ai social media. Google, Facebook, Microsoft sono solo alcune delle aziende che difendono questa legge con le unghie e mille miliardi di dollari, perché?

Con questa legge sono liberi di pubblicare e censurare quello che vogliono, ossia non sono soggetti agli obblighi dei giornali per quanto riguarda la libertà di stampa, ed allo stesso tempo non sono responsabili di quanto viene pubblicato sulle loro pagine. Per esempio, se un terrorista carica su YouTube le istruzioni per costruire una bomba e qualche ragazzino poi fa saltare la maestra, o se qualche invasato incita all’odio razziale e poi ci scappa il morto, Google non viene condannata. Se lo stesso capitasse sulle pagine di un giornale, si. Al contrario, se metti su Facebook un articolo sui danni da vaccino, i censori privati lo tolgono senza appello, mentre su un giornale lo puoi pubblicare.

Dov’è il trucco? Che queste aziende usano robot ed algoritmi per filtrare, raccomandare e censurare il contenuto, e quando impiegano censori umani, normalmente subappaltano il lavoro a ragazzini dall’altra parte del mondo. Il tutto è progettato per efficienza, economia di scale, e protezione da rischi legali. Importante notare che prima ancora dell’inizio della causa presso la Corte Suprema, tanto le multinazionali, quanto i movimenti woke, e chiunque abbia un minimo di ipocrisia, si sono ritrovati per minacciare delle più terribili conseguenze se questa legge fosse tolta.

Se non ci fosse più il limite dei 230, andremmo tutti sparati a pubblicare, condividere ed apprezzare notizie di ogni genere, da ogni fonte, senza controllo se non quello sugli eventuali crimini che commettiamo. Una ricerca sui vaccini metterebbe in evidenza tanto i comunicati rigorosi e scientifici della Pfizer di turno, quanto quelli selvaggi ed ovviamente irrazionali di chi ha il dubbio causino problemi. Pensa te che guaio sarebbe. Un dibattito sul conflitto in Ucraina darebbe la stessa priorità ad una fonte attendibile come i media mainstream, come ad una notizia della filorussa RT: mi immagino il vostro terrore, e sareste liberi di sentire entrambe le fonti.

La Corte Suprema, in Gonzalez contro Google, dovrà decidere se Google è responsabile dell’aver lasciato caricare un video dell’ISIS che ha finito per portare all’omicidio di un parente del Gonzalez. Se vi interessa approfondire, qui, dove potete vedere il numero di testimonianze a favore di Google: pare l’azienda più amata del mondo, incredibile. I giudici si concentreranno sulle 26 parole che da sole hanno creato internet, quelle che scaricano la responsabilità delle multinazionali digitali rispetto alle parole ed alle azioni dei loro utenti, come se i loro siti internet fossero semplici bacheche, dove ognuno può affiggere quello che vuole, non potendo dar la colpa alla bacheca ovviamente.

Personalmente credo nella libertà di parola, che significa poter dire ed ascoltare quello che si vuole, come si vuole, quando si vuole. È con l’ascoltare opinioni diverse dalle nostre, anche ripugnanti, che mettiamo le basi per il vivere comune, senza azzannarci come hooligan. Con questa libertà viene la responsabilità per quanto si dice: se convinco qualcuno a commettere un reato, sono colpevole di istigazione a delinquere, se insulto qualcuno sono passibile di denuncia per diffamazione. Consentire alle multinazionali digitali di fare il brutto ed il cattivo tempo, di pubblicare e censurare quello che vogliono senza che siano responsabili delle loro azioni, è la strada per il totalitarismo. Meglio togliere il limite dei 230, e che ognuno di noi usi la zucca per destreggiarsi tra verità, mezze verità e falsità.


© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro