LA Coppa


Il ritorno del mito della frontiera

La verità è che di Marte a me interessa poco, come credo interessasse poco la Luna negli anni ‘60. Quel che invece è di estremo e rilevante interesse sono i ritrovati anelito e spinta alla ricerca, al guardare avanti, alla frontiera.

Dopo decenni di stagnazione, ingessati e spenti, per via della fine della storia e della conseguente globalizzazione, si torna ad intraprendere quel viaggio oltre, fuori e dentro i nostri confini.

L’archetipo della frontiera, uno dei più umani, dei più antichi che ha attraversato tutta la storia dell’umanità, è impersonato, di volta in volta, da figure iconiche.

Sono gli archetipi dell’uomo in cammino, quelli che non si accontentano della superficie, che sfidano il confine, il dogma, il mare, le montagne, il pensiero comune, l’inferno e perfino sé stessi: Odisseo, Dante, Cristoforo Colombo, Marco Polo, Galileo Galilei, Leonardo, Faust. È il mito fondativo degli Stati Uniti d’America.

L’andare oltre, alla scoperta di qualcosa che non sappiamo razionalmente se ci sia, ma che intuiamo nel profondo esserci.

Parte da lontano, il Mediterraneo, l’Europa, le colonne d’Ercole, e l’America, l’oro e la spinta ad andare sempre più a Ovest, là laddove si adagia il sole, e poi negli anfratti più remoti, freddi ed inospitali del pianeta, e poi l’anelito della scoperta dell’universo, prima con la Luna e ora il ritrovato spirito con Marte, di cui non è minimamente rilevante se ci arriveremo o se ci andremo ad abitare, ma ha riattivato il pensiero.

Un pensiero che si era spento, contratto, uniformato. Le crisi, le guerre, le epidemie e tutto ciò che abbiamo vissuto e stiamo vivendo in questi anni, hanno il preciso compito di riaccendere il focolare sacro in noi, di destarci dal sonno profondo nel quale si credeva che tutto fosse finito, in cui dovevamo mangiare le stesse cose, vedere gli stessi film, ascoltare le stesse canzoni, indossare gli stessi abiti, parlare la stessa lingua, frequentare gli stessi posti e pensare le stesse quattro banalità in fondo vuote.

A pensarci bene, tutto questo non era una propensione verso l’esterno, ma un ritrarsi, una ritirata, una chiusura, una dittatura dell’insicurezza e della paura, il paese dei balocchi del gatto e la volpe, dove tutto sembrava possibile ed alla portata, ma nulla lo era.

Ohibò, l’app che a suo tempo aveva inserito il Pilota Automatico è stata hackerata (chi il responsabile? Impercettibili, insondabili presenze misteriose? O che altro?), essa non funziona più, serve tornare a guidare la macchina, meglio se con il cambio manuale, con pensiero e cuore.

Tutto questo è finito, si torna alla vita vera, si torna a credere e pensare oltre, si torna al viaggio di sempre, quello vintage, classico, ma quello più affascinante.

È il viaggio dell’Uomo, fisico, geografico, interiore, esistenziale, quello nel quale in fondo si pone le stesse due domande di sempre: “io chi sono?”, “cosa sono venuto a fare qui?”, e le risposte richiedono tempo, lavoro e fiducia.

Per farlo dobbiamo pensare diversamente, agire diversamente, comportarci diversamente, non conformiamoci, altrimenti non possiamo andare oltre, rimaniamo stagnanti come gli anni che abbiamo vissuto.

L’eccezionale novità è dunque il ritorno all’anelito di ricerca e scoperta, curiosità ed entusiasmo, l’andare oltre. Il coraggio e la forza del nuovo, con follia, dove l’assurdo ci sfida, per spingerci ad essere fieri di noi. Il Rischio, non l’azzardo insensato, il rischio del passo sicuro in territori inesplorati.

Marte per me rappresenta questo, rappresenta questo ritorno.

Non è ovviamente un caso che le tre opere più importanti della letteratura mondiale, Odissea, Divina Commedia, Faust, parlino di questo.

Ci sono evidenti manifestazioni in più campi che si abbia voglia di nuove scoperte, di ricerca, di aria fresca, pulita e nuova, di pensieri nuovi. E negli anni a venire saranno sempre più frequenti.

Un universo fuori, che si riversa dentro di noi, dove abbiamo oceani da solcare, nuove terre da esplorare, stelle, pianeti, galassie da trovare, una mappa del tesoro segreta che ci è stata affidata, ma che adesso siamo in grado di poter decrittare.

Tendendo il pensiero all'impresa sull’oceano vasto e profondo, continuando a puntare l'ignoto con lo sguardo corsaro dei grandi esploratori.

La frontiera siamo noi, la frontiera è l’Uomo.


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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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