Ero alla ricerca di una ragione per spiegarmi l’immenso successo della serie Il Trono di Spade (Games of Thrones), la cui ultima e attesissima stagione inizierà il 15 aprile, alle tre di notte ora italiana. Forse l’ho trovata.
Certo, è scritta divinamente da un genio letterario, George R. Martin.
È vero, è anche girata superbamente, con scenari mozzafiato e battaglie memorabili.
Ok, ha inventato un modo di raccontare e di avvincere, facendo morire personaggi che sembravano intoccabili (mai affezionarsi) ed evolvere altri che sembravano immutabili.
D’accordo, ha mescolato sapientemente fantasy, poema cavalleresco, saga familiare, romanzo di formazione, thriller politico. Condendo il tutto con robuste dosi di sesso e violenza (è interessante fermarsi un momento e pensare a come in pochi anni si sia innalzato il livello di tolleranza di certe scene da parte dello spettatore medio) e dialoghi scespiriani.
Ma soprattutto ci piace perché, come tutti i “classici”, parla di noi. Ingenui e perfidi, dolci e vendicativi, maliziosi e misteriosi. Affascinati dal potere e dalle tenebre, dalla neve e dalle fiamme. E sull’orlo di una catastrofe incombente. Il trono di spade ci ricorda che non siamo fatti per essere tiepidi e incarna perfettamente la voglia di un destino grande, glorioso, il desiderio di ghiaccio e di fuoco che in fondo abbiamo ancora nel cuore. Anzi, nell’anima.