Il campo dell’intelligenza artificiale non era molto diverso fino a qualche mese fa: da un lato le multinazionali americane hanno investito e prodotto tantissimo, dall’altro il governo cinese ha impartito l’ordine di fare IA come se piovesse, in mezzo gli europei han pensato bene di fare regole e riflettere a lungo sull’eticità dei robot. Ora ci troviamo competenze spinte e tecnologie all’avanguardia in America e Cina, e dibattiti profondi ma vuoti di sostanza nel vecchio continente.
Ora le cose cambiano, seguendo quanto ho scritto nei due numeri precedenti su economicità e disponibilità della tecnologia. S’è presa coscienza del fatto che LLM fondati su lingua inglese ed europee non funzionano bene in Asia o medio-oriente. Sono nati LLM mono-lingua, come il nostro “Modello Italia” che gira al Cineca di Bologna, disegnato per evitare i bias anglosassoni. Questi eredi di ChatGPT hanno rivisto l’architettura del token, il gettone che spezzetta la frase in modo che il resto del modello lo possa manipolare secondo criteri combinatori. E così siamo arrivati a token ottimizzati per l’italiano, per l’hindi, e per lingue mai sentite prima.
Sono anche state aggiornate le base dati su cui viene allenata l’IA: ad Abu Dabi hanno scansionato ed inserito solo testi arabi, ed un LLM molto più efficiente di ChatGPT sta rispondendo meglio del cugino americano. Inoltre, vediamo l’efficacia di costruire LLM per insegnare ad altri piccoli LLM in crescita: quel futuro distopico di cui avevo già scritto, dove i robot fanno altri robot.
Importanti le dichiarazioni dei due massimi CEO digitali indiani, Nadella di Microsoft e Pichai di Google, che riflettono sul fatto che l’India partecipò si alla rivoluzione industriale, ma tutta la ricchezza prodotta finì in Gran Bretagna ed il loro paese rimase povero e schiavo dei colonialisti. Giustamente non vogliono che lo stesso capiti adesso con l’intelligenza artificiale, ed il loro paese rimanga povero ancora una volta. Quando il primo ministro indiano Modi a dicembre ha parlato dell’investimento e della strategia per fare dell’AI una leva di sviluppo del paese, il discorso era lo stesso: basta essere succubi di altri paesi, seguiamo America e Cina ed investiamo a manella ma nel nostro paese, e cerchiamo di raggiungerli. È corretto pensare che l’India, paese con oltre un miliardo di persone ed una massa di lavoratori digitali notevole, possa in breve tempo raggiungere un peso economico sorprendente.
Qualche giorno fa sono stato intervistato dai ragazzi del Silicon e Boston Study Tour, una no-profit italiana che da vent’anni organizza visite di universitari e professionisti italiani in America, in modo che possano toccare con mano l’innovazione ed imprenditoria dei due centri d’eccellenza del paese. Una delle raccomandazioni che ho dato è quella di tenere tutti i sensi bene aperti a quei cambiamenti economici, politici e tecnologici che potrebbero creare scenari futuri molto diversi dalla realtà cui siamo stati abituati. Costruire scenari non è difficile (raccomando Peter Schwartz, The art of the long view) e ci consente di definire in anticipo cosa fare nel caso succeda questo, o quello. Questa preparazione ad un possibile futuro si traduce in gestione del rischio, velocità ed agilità che, come per i leoni e le gazzelle in Africa, sono doti importanti per chi deve lavorare oggi e nei prossimi anni.