IL Digitale


Legge e Tecnologia – il Patriot Act

In queste settimane il dibattito su Privacy e ChatGPT sta muovendo schiere di professionisti digitali, avvocati, psicologi, accademici e buona parte dei Competenti che dal Bar Sport si trovano su Twitter, per discernere della crisi del momento. 

Prima fu il terrorismo, poi il virus, il cambiamento climatico, l’invasione russa, ed ora il robot che ci frega i dati e magari anche il lavoro. I migliori sono i giornalai, non gli edicolanti ma i sub-giornalisti che non pensano a cosa scrivono, perché devono seminare il panico e navigare l’ennesima crisi.

Occorre dire che la sensibilità sul tema dell’intelligenza artificiale varia molto da paese a paese. In Cina, Arabia Saudita, India, Perù, Messico, Corea del Sud e Turchia pensano che l’intelligenza artificiale dia più benefici che problemi. In Spagna, Russia, Italia, Polonia e Giappone l’opinione è bilanciata: ci sono sicuramente benefici ma facciamo attenzione, non corriamo, fermiamoci se non capiamo bene gli impatti. Da ultimo paesi come Francia, Canada, USA, Olanda, Regno Unito e Germania dove invece han paura: ferma tutto. Da dove viene questa differenza?

Da un lato le multinazionali stanno correndo molto di più della ricerca accademica, spinti da opportunita’ di profitto eclatanti. Dall’altro vediamo che l’AI consuma un mucchio di energia ed impatta quindi il nostro povero clima: ogni domanda a ChatGPT son $0.23 di elettricità, allenare un modello inquina come un volo aereo. Infine, aumentano gli incidenti ed i problemi dell’uso scriteriato di questi strumenti: dai video deepfake che causano scandali diplomatici, a personaggi che si sentono vilipesi dalle risposte del robot, all’invasione di privacy ed alla perdita di proprietà intellettuale. Un’azienda normalmente accorta e precisa come Samsung ha permesso ai suoi ingegneri di usare ChatGPT, ed ora capisce di aver regalato il codice sorgente del proprio software a Microsoft: imbarazzo coreano. Chi volesse maggiori dettagli ha un ottima referenza qui https://aiindex.stanford.edu/wp-content/uploads/2023/04/HAI_AI-Index-Report_2023.pdf, dove 386 di ricerca ben fatta vi aiutano a navigare sui punti spinosi.

Cosa succede se alcuni paesi prendono il sentiero faticoso di controllo e rallentamento, dello sviluppo tecnologico, mentre altre scelgono la discesa libera di Kitzbühel? Chi vi scrive è sempre molto scettico dell’intervento del legislatore, perché spesso guidato da mire totalitaristiche dello sponsor politico, e sempre incapace di prevedere l’evoluzione dell’innovazione. Ottimo esempio e’ il Patriot Act, che la Casa bianca ci ha presentato come la perfetta trappola per topi per intercettare e proteggerci dal terrorismo. Lo trovate qui in tutto il suo splendore.

Sotto le mentite spoglie della lotta al terrorismo, obiettivo cui nessuno potrebbe ovviamente opporsi, si cela una serie di poteri, procedure e strumenti che consentono al Dipartimento di Giustizia USA di investigare ad ampio spettro, in barba ai diritti costituzionali che furono messi proprio per evitare ingerenze di questo genere. Per esempio, con questo Patriot Act ti possono arrestare come sospetto terrorista e non dirlo a nessuno fino a quando non ci sia un processo penale: mesi o anche anni. La polizia può spiare qualsiasi attività religiosa o politica senza chiedere autorizzazione ai giudici, o accedere ad ogni informazione finanziaria senza dar spiegazioni. Siamo al punto che gli stessi agenti del FBI (Coleen Rowley l’ultimo, intervistato dal Time) denunciano il rischio di utilizzare questa legge per scopi illegali, e per far fare bella figura ai capi ed ai politici di turno.

Ora immaginiamo che l’America prosegua nel tentativo di mettere il bavaglio alla disinformazione, alla stampa, a qualsiasi cosa che non piaccia all’establishment, con la scusa della battaglia al terrorismo, o a qualsiasi crisi faccia audience in quel momento. E lo faccia con l’ausilio delle multinazionali americane dell’intelligenza artificiale, in modo da controllare ogni singola transazione, in ogni secondo, della nostra esistenza. Uno scenario quasi impossibile, vero? Il dibattito al Congresso sul blocco di TikTok ci dice il contrario, ci suggerisce che dietro a questa preoccupazione per la privacy dei bambini, all’orrore per la possibilità che il governo cinese veda quando vado in bagno, c’è un obiettivo di controllo che fa saltare i nostri checks & balances.

Qualsiasi sia l’impianto legale ed il fine di protezione che si vuole ottenere, da quella per la privacy, alla proprietà intellettuale, alla lotta al terrorismo, al cambiamento climatico, a qualsiasi altra crisi ci venga presentata come drammatica, richiede un pizzico di sale in zucca. Da un lato dobbiamo capire se la motivazione è sincera, o paravento di ragioni più nefaste; dall’altro ricordarci che le trappole per topi durano sempre poco. Lasciare che Cina, Arabia Saudita, India ed altri vadano in discesa libera sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale, mentre noi per motivi più o meno corretti mettiamo vincoli e divieti, ci porterà a capirne meno di loro, ed alla fine a diventare loro clienti. Come con le auto elettriche, dove non ci fosse stato un Musk oggi saremmo asfaltati dalla concorrenza cinese.


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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite