... è utile avere una previsione per regolarsi sul cosa fare.
Ho già descritto GPT-3, il sistema di comprensione del linguaggio naturale che quotidianamente aiuta a scrivere articoli di giornale e da qualche tempo anche codice software. La sua capacità sta proprio nel prevedere cosa stiamo per scrivere: gli diamo un’imbeccata con due o tre righe di testo, anche codice, e quello continua a scrivere in modo logico e prevedibile. Quando oggi scrivete sul cellulare o sul computer, ed il programma vi suggerisce le parole con cui continuare, lo fa con delle versioni primitive di GPT-3.
Nancy Kanwisher, del MIT di Boston, ci dice che più un algoritmo di intelligenza artificiale indovina le prossime parole da scrivere, più esso assomiglia al nostro cervello. Come avevo già scritto in “Torna a casa, Lettore”, negli Zafferano dal 79 al 82, oggi possiamo dire che il nostro linguaggio è in buona sostanza un metaverso, una metafora del nostro cervello. Capire come parliamo significa imparare a fare predizioni, e significa pure capire come funziona la zucca. La Prof. Kanwisher ha provato che, progettando modelli predittivi del linguaggio e della visione, si costruiscono modelli quasi identici alle parti del nostro cervello che comandano il linguaggio.
Il nostro cervello impara a giudicare ed analizzare il contesto della situazione in cui si trova, e sviluppa continuamente predizioni, ipotesi su come questo andrà ad evolversi. Lo stesso concetto si applica al NLP, neural linguistic processing, che capisce il contesto dato dalla persona e su quella base produce la miglior stima del testo successivo. I ricercatori del MIT hanno provato che il nostro cervello forma delle connessioni più o meno forti tra diverse aree dove si sviluppa il pensiero, e capito come da lì si arriva ad articolare il linguaggio. Nonostante siamo ancora lontani dal comprendere i meccanismi di dettaglio della corteccia visiva, i nuovi modelli iniziano a produrre testo e suoni che comprendiamo ed interpretiamo come logiche conseguenze di quanto abbiamo appena scritto o detto.
La prima applicazione pratica di questa innovazione è ovviamente in ambito medicale, con la possibilità di aiutare pazienti colpiti da Parkinson ed Alzheimer a continuare a parlare e comunicare nonostante la malattia. Questo rallenterà il decorso invalidante della malattia, perché i pazienti continuerebbero a conservare indipendenza di linguaggio ed anche nei movimenti. In un secondo momento i ricercatori cercheranno di combinare questi modelli artificiali di linguaggio con altri utilizzati per apprendere ed inquadrare il contesto in cui si trovano. A quel punto le applicazioni saranno importanti e saremo più vicini alla soglia dell’intelligenza artificiale generale.
Dal mio punto di vista, di bieco ingegnere, è veramente stupefacente che l’evoluzione del corpo umano, specificamente del cervello, sia una così buona ricetta per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, e che si riesca a riprodurre con circuiti elettronici e silicio un’anatomia e fisiologia veramente complesse e performanti.