... videoconferenze via internet molte, troppe ore al giorno. Da mesi abbiamo evidenza anedottica di quanto sia stressante stare tutto il giorno in video, con preponderanza delle lamentele da parte di giovani donne (qui).
Purtroppo la diagnosi delle malattie mentali, che comprende lo stato clinico di stress e depressione, è spesso basata su questionari: “dimmi quanto ti stressa stare su Zoom, su una scala da 1 a 5”. Questo dà una misura del fenomeno, ma non consente di capire bene i meccanismi che portano alla percezione dello stato di stress. Ecco che Microsoft ha pensato di usare l’EEG su un campione di 14 persone che hanno partecipato ad otto ore di riunioni su Teams, dimostrando l’efficacia del fare pause di dieci minuti tra un incontro e l’altro (qui).
Ovviamente era improponibile mettere i partecipanti in una risonanza magnetica per avere un quadro di maggior dettaglio: i loro computer sarebbero esplosi ed avremmo perso 14 cavie. Ma l’elettroencefalogramma, con i suoi sedici sensori e monitoraggio di un paio di curve associate allo stress, ha funzionato. Ora sappiamo che vedere la nostra immagine da sui nervi, come pure è difficile sapere che altri ci stanno guardando, e specialmente che è veramente stressante saltare da un argomento all’altro: serve alzarsi, camminare e riprendersi prima di un altra riunione. Visto il trend, tra studenti e colleghi, di spegnere sempre più spesso la telecamera, deduco che l’involuzione a homo marmot sia una risposta istintiva ad un contesto stressante per tutti.
Personalmente devo ascoltare molte riunioni, quindi a seconda dell’importanza alcune volte partecipo con la massima attenzione, altre facendo un altro mestiere sul secondo schermo. In questo caso il carico cognitivo è veramente elevato: da un lato le orecchie portano un segnale che il cervello deve decifrare, comprendere e decidere se innescare un meccanismo di risposta, dall’altro gli occhi portano uno stimolo diverso che il cervello deve trattare mentre guida le mie dita sulla tastiera. Il tutto in meno di mezzo secondo. Come un animale da circo: orso in equilibrio sulla palla mentre con le zampe faccio il giocoliere e suono la trombetta. Giorno dopo giorno, dopo giorno, dalla stessa stanza.
Questo carico cognitivo non è solo stancante e stressante: è pericoloso. Quando senti la testa che si riscalda e gli occhi che si riempiono, il nostro cervello sta andando al massimo e rischia di andare fuori giri. Innescare processi infiammativi è subdolo, perché partono senza che ce ne accorgiamo: da quel momento la nostra sedentarietà non aiuta, ed il sistema cardio circolatorio può andare incontro a problemi inattesi. Normalmente non cito studi aziendali, ma in questo caso Microsoft utilizza questi dati per migliorare il proprio prodotto, andando ad inserire le giuste pause tra una riunione e l’altra e modificando l’interfaccia grafica per mitigare i fattori di stress che hanno individuato.
Resta il punto di auto-disciplina di mantenere un attività fisica aerobica, prima e dopo la giornata lavorativa e magari anche nelle pause consentite. Per quanto le sedie possano essere ergonomiche, dopo pochi mesi di regime sedentario il tono muscolare si perde e la circolazione può diventare un problema. L’unico rimedio è continuare con un intensa attività fisica all’insegna del sempre valido mens sana in corpore sano.