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Boston in fiore

Queste settimane sono uno spettacolo a Boston: dai ciliegi, alle magnolie, ad altri arbusti è un’esplosione di colori e di fiori. Mentre mia moglie, appassionata di fotografia, si perde tra mille inquadrature di petali e boccioli, io ne approfitto per sbirciare nelle cerimonie di laurea delle tante università. Una dopo l’altra, per almeno tre settimane, anche loro sono un tripudio di colori: tra le diverse facoltà ed i tre livelli di istruzione che conferiscono titolo, sono 50.000 i ragazzi che ogni anno vedono premiati i loro sforzi accademici.

Mi piace vedere le famiglie e gli amici che festeggiano i neolaureati, perché ne vedi di tutte le razze, estrazioni, usi e costumi. I bianchi americani sono quelli che ti arrivano spesso in sandali e bermuda sotto la toga, mentre i genitori, felici di non doversi più indebitare, hanno birra o margherita in mano, e ridono di continuo. Altri americani, di etnie diverse, partecipano inappuntabili, con vestiti eleganti e scarpe tirate a lucido. E poi le famiglie che arrivano dall’estero, dall’Africa, Asia, Sud America, moltissimi nei loro vestiti ed acconciature tradizionali.

Io passeggio curioso, ascoltando questa o quella conversazione, guardando questa o quella mamma, nonna, papà, che non trattengono le lacrime: finalmente il pupo ha finito un ciclo, magari uscirà di casa, diventerà finalmente indipendente. Orgoglio ed ottimismo si tagliano con il coltello in questo minestrone di colori, fiori e profumi: probabilmente una delle scene più belle di Boston, quando dà il meglio di sé.

Di tutte le cerimonie in cui mi sono imbucato, non ho visto nessun incidente, violenza, interruzione di manifestanti terroristi. Al contrario, kefiah come se piovesse, cartelloni per il cessate il fuoco in Palestina, richieste di cambiare gli investimenti in ricerche militari delle università, appelli alla restituzione degli ostaggi del 7 ottobre. A credere ai media mainstream parrebbe che abbiamo laureato una manica di terroristi: invece basta una passeggiata al MIT, o Northeastern, o Suffolk, per vedere che al contrario abbiamo allevato dei ragazzi con la zucca sulle spalle, in grado di argomentare le loro richieste, capaci di mettere il dito nella piaga dell’ipocrisia.

A fine giornata ci ritroviamo sul divano, mia moglie indaffarata a scegliere tra 2700 foto di magnolie e ciliegi, chiedendo se meglio questa inquadratura o quella. Sa bene che il mio senso artistico non ha superato la scuola materna, che il mio abbinamento di colori sfugge qualsiasi logica che non sia il caso fortuito, e che mi andrà bene qualsiasi immagine voglia pubblicare. D’altro canto, io ripenso ai ragazzi, amici, genitori e nonni che ho incrociato, visto festeggiare, sentito fare i complimenti in buona parte delle lingue del mondo. Un pot-pourri di persone che ancora una volta rinforza il mio smisurato ottimismo nella nuova generazione, nella loro capacità di uscire da scuola e migliorare il mondo, e questo continuo esperimento che è la democrazia Americana, con la A maiuscola.

So bene che alcuni loro entusiasmi si raffredderanno, che molti sogni resteranno tali, ma quelli che riusciranno a mantenere anche solo una parte della curiosità, voglia di fare ed ottimismo che hanno oggi se la caveranno alla grande. Oggi han costruito delle memorie stupende, che li accompagneranno per sempre e li aiuteranno ad ogni passo. Come disse Alexis de Tocqueville visitando l’America nel diciannovesimo secolo, “(gli americani) hanno una forte fede nella perfettibilità dell’uomo…Pensano tutti di poter migliorare la società”. A Boston funziona ancora così oggi, nel 2024.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro