Con circa $150 miliardi l’anno, i Venture Capital (VC) sono quelli che investono nelle aziende più giovani ed innovative, che hanno la possibilità di dare i ritorni maggiori. Solo a Boston si investono $22 miliardi, dieci volte quanto si investe in tutta Italia in VC.
La logica del VC è semplice: su 100 aziende che si presentano, 80 sono scartate in cinque minuti, 20 sono analizzate in dettaglio, su una si investe. Con la crescita dei tassi d’interesse è cresciuta anche la selettività degli investimenti, e la tolleranza al fallimento è diminuita. In questo istante, su dieci aziende su cui si è investito, una può perdere, otto devono recuperare l’investimento, meglio con un 50-100% di margine, una deve restituire 20-50 volte la somma ricevuta. A parità di azienda, l’investimento americano è sei-sette volte quello italiano, e questo significa che i VC americani sono interessati a conoscere ed eventualmente scommettere sulle aziende nostrane. Come fare per convincere un VC a stelle e strisce a scommettere milioni di dollari per i prossimi cinque anni, sapendo che cerca un ritorno di 20 volte quanto investito?
Al primo punto, l’azienda deve aver venduto per davvero il prodotto o servizio, ad almeno un paio di clienti. Questo dimostra che non stiamo più parlando di un’idea, un prototipo, o qualcosa da raffinare: al contrario esso esiste, è concreto, funziona. Spin-off universitari o start-up che siano ancora nelle fasi precedenti il lancio commerciale possono ricorrere a parenti ed amici, Angel Investor, o la banca di fiducia.
Al secondo posto viene la dimostrazione di aver già raccolto dei fondi da professionisti, un minimo di $100.000 che varia a seconda del settore industriale (milioni di dollari nel caso farmaceutico). Questo dimostra che l’azienda ha già passato l’esame di un altro investitore, e rende più rapida l’analisi di prodotto, mercato e specialmente della scalabilità tecnologica e di mercato richieste per arrivare al moltiplicativo richiesto.
In terza posizione, la squadra deve dimostrare di avere dei veri esperti del settore specifico, possibilmente con pubblicazioni internazionali o decine d’anni d’esperienza aziendale nel fare impresa nel mercato di riferimento. L’idea romantica della start-up nel garage di casa, guidata dal ragazzo che ha lasciato gli studi per cambiare il mondo, non convince il VC: servono esperti veri. Nel caso specifico del biotech e farmaceutico, dove gli investimenti sono di decine di milioni di dollari già nelle fasi preliminari dell’azienda, servono anche scienziati di fama internazionale che testimonino la bontà del progetto imprenditoriale.
Da ultimo l’esame più difficile: la tecnologia può scalare? Il prodotto può scalare il mercato? La prima domanda è tecnica: va bene produrre alcuni prodotti e venderli con profitto, ma ho il modo di produrne decine o centinaia di migliaia aumentando la profittabilità? La seconda questione è commerciale: va bene avere qualche cliente, ma riesco a convincere l’investitore che tra qualche anno avremo vagonate di clienti? Questo è lo scoglio che spesso rimanda ad altre forme di finanziamento, anche per aziende che hanno ottimi profitti: se non puoi scalare, quel moltiplicativo di 20-50 non è raggiungibile.
42N (42N.US), con il patrocinio del Consolato di Boston e la partecipazione di investitori e professionisti locali, organizza per il 14 settembre un incontro con le dieci migliori aziende che vogliono trovare un VC, vuoi per crescere in America, o anche per stare in Italia e scalare velocemente. Chi fosse interessato, si faccia sentire.