Notizie dagli USA


Emigrare in America e le vacanze in Italia

Prima del Covid, specialmente sotto Natale e ad agosto, gli aeroporti sono pieni di emigrati che tornano al Paese per rivedere i propri cari e fare il pieno di prelibatezze e medicinali da riportare in America, dove sarebbero più costose. E’ anche un buon modo per far sì che i figli continuino a parlare la lingua dei genitori e tenere un legame con le radici di partenza. Per noi, 270.000 italiani in America, è sempre una festa: quando atterri in Italia ti butti sul... 

... cappuccino o sulla mozzarella come in crisi d’astinenza, quando ripassi la dogana in USA tieni lo sguardo basso per non dover spiegare le quattro forme di Parmigiano, i due salami sottovuoto e la bottiglia di limoncello fuorilegge. Anno dopo anno, questo rituale si arricchisce di simpatiche memorie (anche con la polizia di confine), poi è facile ritrovare compagni delle trasferte precedenti, ed il viaggio passa veloce.

Con il Covid, dopo 15 mesi di astinenza da aereo, il viaggio si prospetta avventuroso. Sia America sia l'Italia tirano fuori una regola dopo l’altra, tanto che nessuno tra personale della linea aerea, del Consolato, degli aeroporti e nemmeno delle forze di polizia sa esattamente cosa devi fare. Il test PCR o rapido? 72 o 48 ore prima del volo? E l’iscrizione al fantomatico sito dell’Unione Europea dove lasciar traccia dei propri movimenti? E le pagine da compilare e consegnare alla polizia di frontiera, che sono diverse a seconda che atterri a Milano o Roma? Ed il fatto di essere vaccinati, a chi lo dici? E pensi che un ASL riconosca il certificato di vaccinazione americano?

Il viaggio peggiore in vita mia lo feci nel 1987, lasciando la stazione di Agrigento nel giorno di luglio in cui c’erano 45 gradi ed il mitico Sciopero Generale dei treni: finimmo l’acqua dopo cinque ore, a Messina, ed arrivammo finalmente a Torino dopo 36 ore massacranti. La gente si scansava al nostro passaggio, credo puzzassimo più degli appestati dei film horror. Dopo quel vaccino, che ho richiamato due volte viaggiando in altri scioperi generali, credo di avere gli anticorpi per affrontare questa transumanza burocratica da Boston a Torino: nel prossimo numero saprò dirvi com’è andata.

Non so cosa spinge balene ed oche canadesi a viaggiare migliaia di kilometri ogni anno, ma so dirvi cosa spinge un oaisà. Emigrando lasci i tuoi genitori, che anno dopo anno diventano più fragili, lasci i tuoi amici che mostrano il segno del tempo che passa, e lasci i ricordi brutti e tristi: ti restano in testa solo quelli belli. E’ vero che il digitale ci avvantaggia rispetto alle generazioni precedenti: ogni giorno possiamo vedere e parlare con amici e parenti come fossimo nella stessa stanza. Ed è pure gratuito, quindi a differenza del passato, quando le telefonate internazionali costavano un patrimonio, ora puoi stare attaccato quanto vuoi senza problemi. Ma è solo rientrando fisicamente che possiamo arricchire quei bei ricordi di nuove emozioni, nuove memorie, e rinsaldare le nostre radici. Bisogna viaggiare.

Al ritorno, quando stai per rientrare in America, staccarsi è difficile e ti ricordi di Dante col suo Ulisse:

«Quando mi dipartì da Circe, che sottrasse

me più d’un anno là presso a Gaeta,

prima che sì Enea la nomasse,

né dolcezza di figlio, né la pieta

del vecchio padre, né ’l debito amore

lo qual dovea Penelopé far lieta,

vincer potero dentro a me l’ardore

ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto,

e de li vizi umani e del valore;

ma misi me per l’alto mare aperto

sol con un legno e con quella compagna

picciola da la qual non fui diserto.


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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite