Super economisti e super chef
Più passano gli anni, più la crisi morde (colpendo alte percentuali della popolazione, e al contempo beatificando un numero esiguo di eletti), più non riesco a trovare differenze fra i super economisti e i super chef.
Più passano gli anni, più la crisi morde (colpendo alte percentuali della popolazione, e al contempo beatificando un numero esiguo di eletti), più non riesco a trovare differenze fra i super economisti e i super chef.
Casi della vita. Una decina d’anni fa Marco Valerio Lo Prete, allora giornalista di punta (diventerà poi vice direttore) del Foglio, mi intervistò più volte, pur essendo io considerato un reprobo dall’establishment mediatico di allora.
Quando Donald Trump fu eletto Presidente, il professor Angelo Codevilla (l’amico che, quando scrivo d’America, mi aiuta a separare il grano dal loglio) mi scrisse una mail in cui riprese un’analisi fatta quando “... Trump vinse le primarie rep perché dei 17 candidati era l’unico, con Ted Cruz, che offrisse l’opportunità di schiaffeggiare l’attuale classe dominante dem-rep”.
Da tempo scrivo le stesse cose sulla Cina e sulla globalizzazione selvaggia (il termine chiave è “selvaggia”). E’ stato un regalo (idiota) al nostro nemico politico-economico-culturale che fa il pari con l’altro nostro nemico, il terrorismo islamico.
I lettori avranno notato che su Zafferano, in calce a ogni articolo, c’è un breve profilo degli autori (lo hanno scritto loro stessi). Quando assemblai il numero zero scoprii che il professor Angelo Codevilla aveva scritto, tra l’altro, “tifoso di Tex Willer”. A nostra insaputa avevamo la stessa passione.
Tra le frasi che hanno avuto in questo decennio più fortuna c’è stata questa: “Gli italiani certi lavori non li vogliono più fare” (vale anche per tutti i popoli del G7).
Ebbene sì, lo confesso, parlando in termini politici e umani, sto rivalutando David Cameron. La Storia lo ha già squalificato per l’attacco a freddo (e contro tutte le regole del vivere civile, silente il meschino Onu) alla Libia di Mu’ammar Gheddafi per seguire i suoi compagni di merenda, Nicolas Sarkozy e Barack Obama.
Il Cameo del numero zero ha esplicitato la linea editoriale di Zafferano: fare giornalismo (artigianale) con spirito di servizio, riportare i giovani al centro della scena, no fake news, lotta totale alle fake truth, libertà di stampa.
Avevo 17 anni, frequentavo il quarto anno dell’Iti (Istituto tecnico industriale Amedeo Avogadro di Torino) quando con un paio di amici (e il contributo determinante di un generoso tipografo) fondai un giornalino.