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Spremuta di Camei

LE SARDINE STANNO CON IL BURRO NON CON LA POLITICA

UN TRAGICO LUTTO

LE SARDINE STANNO CON IL BURRO NON CON LA POLITICA

Checché ne dicano o ironizzino quelli del centro destra, le “Sardine” a Bologna li hanno gabbati, prendendoli in contropiede, “Bestia” compresa. Oltretutto con un’idea eccellente in termini di comunicazione politica: fare l’opposizione all’opposizione, fingendo di essere terzi. Strategia geniale che richiedeva però un sofisticato petting comunicazionale che mantenesse il rapporto sotterraneo in un’area di ambiguità para sessuale. Invece, i giovani quadrunviri hanno avuto fretta di massimizzare i quindici minuti di celebrità, trasformando il petting subito in execution. Comunque un impatto interessante lo hanno consuntivato, grazie anche al termine “Sardina”, che nell’immaginario collettivo popolare ha più significati. Si pensi che per i greci antichi era addirittura il piano B del cibarsi: “se non hai carne mangia sardine”.

Perché i creatori del brand “Sardina” abbiano proprio scelto la sardina non lo sapremo mai. E’ un pesce-follower per definizione, si muove ottusamente in branco, con lo sguardo fisso dei servi, senza un briciolo di identità. Nel rapporto alimentare con l’uomo poi, deve mischiarsi con pesci più nobili per rappresentare un valore aggiunto: nel fritto misto è follower, così come con il “saor” che gli trasferisce una sferzata di energia caramellata. Non parliamo delle sardine sfigate che finiscono in una buia scatoletta. Poi ci sono i vecchi come me che le amano solo nella configurazione antica: nel barilotto di legno. Le tolgo il sale, la lisca, la testa e l’adagio su una fetta di pane lussuosamente imburrata. Una goduria.

Questo potrebbe essere un profilo “vendibile” in termini di comunicazione politica: la “Sardina” nasce povera, grazie alla sua salinità, al vivere a lungo nella socialità del barilotto (luogo di integrazione per eccellenza), cambia natura, quindi compete alla pari con il mitico burro, cibo dei Re. A quale di questi profili intende riferirsi il Quadrunvirato di “Sardina”? Lo capiremo presto. La mia prima percezione, visto e ascoltato il loro giovanile leader , è che si siano ispirati alle sardine del Mar Cantabrico. Sinuose, preziose, ma salottiere come le Madamin torinesi.

Ma un’altra lettura del caso “Sardine” ci porta ad affermare che la Natura è stata matrigna, assegnando loro il compito ingrato di sacrificarsi più di altri pesci sull’altare della catena alimentare. In questo senso ci sarebbe un parallelo a valenza politica: le “Sardine” sarebbero i cinquestelle. Per un anno sono state la catena alimentare della destra, ora lo stanno diventando per la sinistra, sacrificandosi per un ritorno al bipolarismo, prima di scomparire per sempre, però nell’elegante Mar Cantabrico.

Nell’attesa io mi mangio le sardine salate del barilotto con il burro della Cascina Roseleto di Villastellone, e lascio ai lettori le declinazioni politiche che preferiscono.


UN TRAGICO LUTTO

Il Corriere del Ticino (CdT) ha una rubrica giornaliera intitolata “Cent’anni fa” che riporta notizie che lo stesso giornale aveva dato allora. Scelgo questa del 27 novembre 1919, mantenendo lo stesso titolo.

1 Interessante l’incipit “Troppo tardi per la nostra edizione di ieri, ci arrivava notizia da Arogno che un tragico incidente gettava improvvisamente il lutto nella famiglia del signor Giuseppe Manzoni, il noto e stimato industriale arognese”. Incredibile ma vero per il mondo di oggi, il CdT di allora si sente in dovere di scusarsi, con i lettori, per non averla potuta dare il giorno prima. Prosegue.

2 “La moglie di costui, la distinta signora Maria, mentre di buon’ora, spinta dalla sua gentile passione pei fiori (è così romantico, quel “pei”. Se lo digiti, Google ti spiega che si tratta del Piano Educativo Individualizzato), tentava, a mezzo di una casa portatile di coprire con stuoie la serra, precipitava da un’altezza di quasi due metri e si fratturava il cranio: la morte fu quasi istantanea”. Il redattore poteva finirla qua. Invece no, la signora Maria nel tessuto sociale di Arogno di certo meritava di più. Allora prosegue.

3 “Era più che sessantenne, di prestanze signorili, Maria Manzoni, venuta dalla vecchia e precaria famiglia vodese degli Audemars, accoppiava alle sue alte virtù di sposa e di madre, una squisita sensibilità artistica. Pittrice di merito, faceva parte della Società delle Belle Arti, avendo esposto sovente, con lusinghiero successo, dei bei lavori”. Soffermiamoci su “prestanze” che ora noi utilizziamo per descrivere i culturisti della domenica mentre allora la signorilità dei tratti. E poi su “famiglia precaria”: per noi oggi è la classica famiglia sfigata della gig economy: padre conducente mascherato simil Uber, figlio rider per consegna pizze, madre badante in nero, quelli che i nostri “competenti” bollano come evasori dei famosi 100 miliardi €. Allora, immagino, precario era nel significato di istituzione post medioevale di concessione in comodato di immobili. Proseguiamo.

4 “Essa traduceva, di preferenza sulla tela, la sua profonda passione pei fiori, Amò anche l’attività politica con una intrepidezza che veniva, non da cattivo spirito di parte, ma da ardente spirito patriottico, e con il marito e tutta la famiglia Manzoni visse, partecipe diretta, le burrascose lotte del 1889 e del 1890”. Soffermiamoci su questo stupendo passaggio. Maria è una patriota (oggi la si bollerebbe come spregevole sovranista), guidata non certo da spirito di parte “cattivo” (oggi noi persone perbene siamo circondati dagli odiatori di sinistra e di destra). Proseguiamo.

5 “Poi prese la sua arte e la sua famiglia, chiudendosi nella sua casa di Aragno, circondata di fiori, di figliuoli, di nipotini. La morte la colse tragicamente ancora nel pieno delle sue forze e dei suoi affetti”.

Molti del mainstream sghignazzeranno su questo Cameo, invece io considero quello dell’ignoto redattore di cent’anni fa giornalismo alto, perché intriso di umanità, di rispetto, di riconoscenza verso una cittadina esemplare che è stata: sposa, madre, nonna, artista, patriota. Continuiamo a spargere volgare ironia sui valori irrinunciabili del vivere civile, presto anche quel mestiere nobile che è il giornalismo entrerà a far parte della mitica gig economy. Auguri.

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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Valeria de Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini