Pensieri e pensatori in libertà


Mondo e ambiente: una distinzione importante

Nell’affollata sala torinese dell’edizione 2019-20 della scuola di politica Politicall (www.politicalltorino.it) si è parlato di ambiente, riscaldamento globale, inquinamento, plastica, salute, natura e cultura. Per chi sia iscritto al club degli àpoti - quelli che non la bevono di prezzolinana memoria - il tema è spinoso e interessante.

Fa più caldo, in generale, e i ghiacciai si sciolgono. Il clima cambia molto velocemente. Fin qui, ci arriviamo tutti o quasi. Per il resto - quale sia la responsabilità umana, che cosa possiamo fare, che cosa succederà nel futuro - siamo in uno scacco della conoscenza. Verificare di persona la risposta a queste domande è impossibile per la maggior parte di noi e, quando non si sa, si deve credere a persone che sanno quello che dicono e non ci vogliono ingannare. Abbiamo fatto così fin dai maestri delle elementari e non è andata male. Solo che stavolta gli esperti si contraddicono tra di loro e i dati che ciascuno presenta sembrano sempre giusti e sbagliati allo stesso tempo. Se è tutto univoco, perché scienziati come Carlo Rubbia o Antonino Zichichi non sono d’accordo sulla responsabilità umana o sulla via d’uscita? L’àpota viaggia al buio, ma almeno sa di esserlo e non fa finta niente.

Così, a Politicall, una prima luce viene dal prof. Francesco Botturi, docente di Filosofia morale. Il discorso di Botturi in fondo è semplice: i dati empirici sono troppi e di natura troppo diversa per giungere a una conclusione univoca. Occorre partire da un altro punto di vista, antropologico. E la prima distinzione fatta da questo punto di vista aiuta: gli scoiattoli hanno un ambiente, l’uomo ha un mondo. Il che tradotto significa: l’ambiente è un insieme di condizioni materiali a cui l’uomo si adatta come fanno (peggio, di solito) gli altri animali. Tuttavia, l’uomo modifica l’ambiente secondo i propri ideali sociali, politici, religiosi, culturali. Ciò significa avere un mondo. Prima di leggere i dati, dunque, o mentre leggiamo i dati, cerchiamo di capire che tipo di uomini vogliamo essere e qual è il mondo che vogliamo. Fare finta che i dati siano univoci e ci guidino necessariamente è una scusa per camuffare scelte antropologiche sotto necessità scientifiche.

La conferma di questa prima impostazione del problema viene da Roberta Siliquini, ex Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e da Marco Bernardi, presidente di Illumia. La prima ci spiega con grande equilibrio che per ora non ci sono dati certi sul rapporto tra cambiamenti climatici e salute, ma nemmeno tra certi tipi di inquinamento e la salute (per esempio, nella terra dei fuochi gli indicatori che collegano ai tumori sono più alti che nel resto della Campania ma più bassi che in Piemonte). Bernardi fa vedere come le energie rinnovabili, al netto dei sussidi statali, non siano economicamente sostenibili e come le celebri riduzioni di produzione di CO2 in Europa per ora siano solo dislocazioni della produzione in altri Paesi da cui poi acquistiamo i medesimi prodotti. Se si vuole davvero cambiare il mondo, insomma, occorre cambiare concezione e stile di vita. Lo vogliamo effettivamente? E se è così, che mondo vogliamo e che tipo di essere umano vogliamo essere? La partenza antropologica sembra debole ma è più forte e più responsabilizzante dello scientismo.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Valeria de Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini