Vita d'artista


Il contagio della cultura non uccide

Qualche giorno fa Angelo Crespi, giornalista e critico, è andato in giro a farsi fotografare davanti alle più importanti istituzioni culturali milanesi con in mano e bene in vista un foglio A4 con scritto testualmente: "Il contagio della cultura non uccide, #riaprite i musei", frase che se non fosse di oggi parrebbe una boutade di sapore...

... futurista.

Purtroppo la sua educata protesta è stata ignorata o quasi. Il pubblico dei talk show e i nostri cari intellettuali non paiono essere per niente interessati alla materia. Ai musei, dispendioso accessorio per il solo nostro diletto, si rinuncia facilmente.

Infatti in nessuna zona, gialla arancione o rossa, si è mai parlato di una loro riapertura, pur essendo, come ho già avuto modo di dire, luoghi grandi e sicuri, contingentati, in cui ci si muove di continuo. Una coltre spessa e fumosa si è abbattuta su questo argomento che nessuno pare abbia voglia di toccare. Anche se, durante queste tristi e sedentarie vacanze natalizie, la loro apertura avrebbe certamente dato sollievo a molti.

Per quel che mi riguarda, in quanto certa che sia una risorsa fondamentale per la cittadinanza, i musei avrebbero dovuto, come le Poste, rimanere sempre aperti. Certo, in essi non vi è passaggio di alcun valore concreto, nessun voto di scambio, ma invece una pura tensione spirituale, amore per la bellezza, conforto del cuore. “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza” per citar Dante, esattamente tutto ciò di cui abbiamo bisogno in questo delicato periodo, e che non viene neanche riconosciuto.

A Venezia addirittura si è deciso in autonomia che i Musei Civici non apriranno se non a fine aprile e con essi tutto ciò che a loro concerne. Purtroppo alla radice di queste scelte sciagurate vi è ormai una certa abitudine al considerare i luoghi culturali come attrazioni turistiche, e non come presidi civici, un patrimonio comune in stretto contatto con il territorio e al servizio della comunità.

Forse perché si è pensato che la migliore gestione possibile fosse quella regolata dal flusso di cassa e purtroppo anche da una certa sottomissione del comparto culturale a quello turistico, finendo oggi come sappiamo, cioè in grave stallo. Allora si tragga insegnamento da questi mesi strazianti e si cominci a pensare alla cultura in primis come un bene per la cittadinanza e non un orpello fine a se stesso o, nel meno peggio dei casi, un "asset" per un possibile sviluppo economico. Ma l'onorevole Franceschini non doveva essere un ministro illuminato? Da ciò che vedo, tutto quel che lo riguarda mi sembra lasciato un po’ a se stesso.

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