Vita d'artista


Il capolavoro sconosciuto

Mi è tornato tra le mani, a distanza di anni, un piccolo grande classico della letteratura, Il capolavoro sconosciuto di Honoré de Balzac, un racconto compreso negli Études philosophiques della Comédie humaine, del 1831. È breve e penetrante, e  migliore di tanti tomi di storia dell’arte o di critica d’arte poiché intuisce bene il rapporto tra l’artista e la propria opera. Le grandi tematiche che sottendono alla dimensione artistica rimangono...

... sempre attuali, al di là del coronavirus o delle criptovalute. Perché forse è solo la “vita” ciò che il vero artista vorrebbe  esprimere, con la sua bellezza, il suo palpito e il suo imponderabile mistero, anche oggi.

L’azione si svolge in un’astratta Parigi del Seicento: davanti alla porta dello studio del famoso Porbus, si incontrano un giovane timido, Nicolas Poussin e il vecchio artista Frenhofer che viene descritto da Balzac come “una tela di Rembrandt che camminasse silenziosamente e senza cornice”. Una volta all’interno dello studio Frenhofer inizia a criticare una tela dipinta da Porbus, una bella opera ma senza vita, perché non “coglie lo spirito, l’anima, l’immagine profonda degli oggetti e delle creature” , perché non riesce a “esprimere la pienezza traboccante della vita” e perché “la bellezza è cosa severa e difficile e non si lascia conquistare ”. Ma soprattutto ciò che colpisce di Frenhofer è la sua travolgente teorizzazione: nega l’esistenza della linea in natura, del contorno degli oggetti, definiti solo dalla luce che avvolge superfici e volumi, proclamando che “ in natura è tutto pieno”, quasi ad anticipare con visionaria modernità le tematiche impressioniste.Dopo la digressione e addirittura l’aver messo mano al dipinto di Porbus,  invita i due nella sua ricca casa, dove però non li vuole ammettere nel suo studio.

Con uno stratagemma Porbus e il giovane Poussin riusciranno a entrare nello studio di Frenhofer, che non dovendo guadagnare per vivere,  da anni segretamente lavora ad un unico quadro, la Belle Noiseuse,  di cui è gelosissimo. Il ritratto è diventato una vera presenza per lui , di cui egli si sente  “padre, amante, Dio” e  nessun occhio umano deve oltraggiarla. Il vecchio infine si decide e rivela loro, con sguardo estatico, il ritratto, raccontandone la perfezione  raggiunta, gli studi compiuti sulla luce e sul colore. I due artisti provano a capire, ma di fronte a loro si pone  “una muraglia di pittura”; tutto è stato sepolto da infinite stesure di colore, solo in un angolo della tela rimane una punta di un piede nudo, come a ricordo di una civiltà perduta. Frenhofer, esasperato dalla loro incapacità di comprendere, li allontana. Morirà nella notte, dopo aver bruciato tutte le sue tele. Per il troppo amore verso la sua creatura, egli esce dai limiti dell’arte per entrare nell’ineffabile. Chissà cosa penserebbe oggi Balzac della tokenizzazione delle opere e di uno come Banksy che le brucia per renderle solo virtuali.

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Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite