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Emigrare in America – Ma la pizza, quella buona, dove la trovo?

Quando arrivi in America, dopo aver messo in ordine abitazione, automobile ed accesso al credito, cominci l’affannosa ricerca di alimentari italiani, ed è facile intercettare la domanda disperata in uno qualsiasi dei siti dedicati agli immigrati. Ma la pizza, quella buona, dove la trovo? Da quella domanda parte una caccia al tesoro che coinvolge...

... immigrati di lungo corso, italo-americani di prima o seconda generazione, e riguarda qualsiasi prodotto o ricetta del nostro paese: marzapane, mozzarella di bufala, capocollo, vongole veraci, in un susseguirsi di dibattiti su quale sia il negozio, ristorante o importatore più affidabile. Come si può vedere in questa foto, in America si trova di tutto ma i prezzi sono importanti. Produrre una pizza costa circa $3, ma viene venduta a cinque volte tanto con un buon guadagno per il pizzaiolo, che sovente è messicano.


Chiunque tra i lettori si trovasse a pagare $18 per una quattro formaggi (with 4 chesse per non confondersi) potrebbe avere un coccolone a seconda della scelta degli ingredienti e del condimento usati. Ricordo la scelta imprudente di una melanzana alla parmigiana da almeno 6000 calorie che ho digerito due giorni dopo. Di fronte alla mia proteste per una razione esagerata ed una quantità d’olio da lubricarci un peschereccio, il cuoco “italian” che aveva imparato le ricette dalla nonna immigrata dall’Abruzzo non volle sentir ragioni.  E cosa dire del suo collega che ha pensato di arricchire il cioppino, asfaltandolo di parmesan (versione economica del Parmigiano)? Sono quelle occasioni in cui il novello immigrato italiano, sempre rimasto a debita distanza dalle armi da fuoco, un pensierino balistico lo fa.

Quando Eataly ha aperto il primo negozio a New York, la comunità italo-americana di Little Italy ha alzato le barricate: come osano, questi parvenue, proporre ricette diverse dai nostri meatball linguini (linguine e polpette, con una porzione ci alimenti una squadra di basket) e chicken parmesan (intraducibile ed indigestibile)? Il successo dei punti vendita Eataly in America ha chiuso la questione: continuare a proporre le ricette della nonna, che doveva buttar tutto in padella per sfamare chi lavorava faticosamente, è folclore che possiamo mettere da parte.

L’aspetto importante di questa ricerca di cibo italiano in America è la socializzazione: mentre a parlar di politica, sport o religione si rischia sempre qualche screzio, se ti infervori sui pelati di San Marzano o sul pesto genovese, anche il dibattito più acceso finisce sempre bene.  Si entra così in contatto con la comunità italiana che, già disponibile di suo ad aiutare il nuovo immigrato, di fronte ad un espresso o limoncello dà il meglio di sé. Ed è facile passare dalle parole ai fatti, con neo-amici che si offrono di aiutare nell’import di latte d’olio, casse di vino ed ogni ben di Dio. Questa possibilità di stabilire nuovi rapporti aiuta poi negli altri campi, dalla scelta del medico di famiglia, a come fare per le scuole dei figli, dove andare in palestra, a tutti quegli aspetti che occorre mettere in fila per sentirsi quasi a casa in America.

Se vi state chiedendo come si possa socializzare senza prender peso a livello americano, ne parliamo una prossima volta. Prosit.

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In questo numero hanno scritto:

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Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite