Supplemento


Spremuta di Camei

CONSIP-CSM-PALAMARA-LOTTI. DIALOGO “TROJANO” FRA MITTONE (AVVOCATO) E RUGGERI (CLIENTE)

Questo Cameo si compone di due pezzi, una mia premessa mentre la “ciccia” è di Alberto Mittone, avvocato penalista in Torino e collaboratore di Zafferano. E’ il racconto, sintetico, di due vicende di cronaca giudiziaria: uno spezzone dello scandalo Consip, e una lettura scanzonata del drammatico scandalo CSM–Palamara–Lotti uno dei peggiori della nostra storia repubblicana. Entrambi mi hanno profondamente colpito a livello emotivo. Una domanda fattasi tarlo: e se fosse successo a me, ai miei figli e nipoti? Allora, che fare per difendersi da queste birbanterie criminali? Alberto Mittone è un celebre avvocato penalista di Torino, da una vita un amico.

Ho vissuto come un dramma personale quanto successo, un paio d’anni fa, a un mio ex collaboratore, l’ingegner Luigi Marroni, al tempo in cui era amministratore delegato di Consip. Costui, informato da personaggi importanti della politica e dell’Arma che nel suo ufficio dovevano esserci delle microspie fece fare una bonifica. Era vero, le cimici c’erano, ma le aveva messe la Magistratura. Interrogato dai magistrati lui disse “tutta la verità, null’altro che la verità” coinvolgendo, come ovvio, questi personaggi apicali della politica e dell’Arma. Dire Luca Lotti in quel momento storico significava ben più che il nome di un sottosegretario, significava entrare nel tabernacolo del potere dove la politica e l’establishment dominante si davano appuntamento, a volte nell’interesse del Paese, in altri, come si scoprirà poi, grazie al trojan, per tramare o per difendere se stessi e i loro compari. Scatta il principio “parola contro parola”, il meno importante dei due soccombe: è stato il caso dell’ingegner Marroni. Verrà poi “licenziato” dal Parlamento (sic!), “licenziato” dal ministro Pier Carlo Padoan (sic!) solo per aver detto la verità ai magistrati, ma, per il principio “parola contro parola”, non poteva provarlo.

Il recente scandalo CSM–Palamara–Lotti ha confermato quello che i più occhiuti di noi avevano intuito, ma non potevano provare. Dire Palamara & Lotti oggi significa implicitamente nominare gli innominabili che stanno a fianco e sopra di loro. Grazie al trojan lo scenario di riferimento del potere in Italia è completamente cambiato, i buoni sono tornati a stare con i buoni, i cattivi con i cattivi. Sarà per sempre? Vedremo.

Comunque, il povero ad di Consip per aver semplicemente detto la verità ai magistrati è stato distrutto, sia economicamente che come uomo. Curiosamente i salotti elitari del potere politico, economico, culturale e le cosche mafiose usano lo stesso termine (infame) per definire una persona perbene che risponde sinceramente ai magistrati e li coinvolge. E questo la dice lunga sull’orrendo mondo in cui viviamo.

Di qua il mio terrore. Mi chiedo. Come posso difendermi se una cosa simile capitasse a me, ai miei figli, ai miei nipoti? E ancora. Se è ammessa un’arma da fuoco da usare per legittima difesa quando un criminale entra in casa mia, perché non deve essere ammesso un tutor tecnologico come il trojan affinché io mi possa difendere da criminali in guanti gialli che potrebbero colpirmi nei miei valori più alti?

Ecco il testo stenografico del colloquio fra avvocato e cliente.

AM Nel Cameo 17 di Zafferano hai espresso una preoccupazione avanzando una proposta. La vuoi richiamare?

RR In quel Cameo prendevo spunto dalla vicenda CSM-Palamara-Lotti per riflettere sull’uso del trojan, cioè del captatore informatico oggi più celebre d’Italia. E questo non per l’invasività sulle relazioni tra persone ignare, ma come mezzo di autotutela.

AM Si tratta di un vero ribaltamento. Ma in che senso?

RR: Si può essere travolti dalla cattura di dialoghi che si voleva rimanessero segreti. Ma si può anche essere travolti dall’aver riferito conversazioni con altre persone che le smentiscono e le respingono in quanto compromettenti e non provate.

AM Quindi il trojan come mezzo di autotutela, come strumento a disposizione di persone perbene che non vogliono passar per fessi, ma intendono essere nelle condizioni di autenticare quanto sentono e dicono.

RR Proprio così. In questo senso nel Cameo il titolo si riferiva a “un tutor tecnologico personalizzato”, per uso privato.

AM La questione impone qualche riflessione legale.

Il trojan, come noto, è uno strumento che capta conversazioni e quindi sottoposto alle autorizzazioni della autorità giudiziaria, previste per reati molto gravi (criminalità organizzata per intenderci) e con il decreto gialloverde ‘ Spazzacorrotti’ (Legge n. 3 del 2019) estesa ai reati contro la pubblica amministrazione. Questo non toglie che ciascuno possa registrare le conversazioni, dirette o telefoniche, purché vi partecipi direttamente e quindi anche senza dirlo all’interlocutore. La modifica alle disposizioni sulle intercettazioni telefoniche (D.Leg. 216 del 2017) ha ribadito questa facoltà, punendo espressamente chi registra altri senza partecipare alle conversazioni, quindi con frode (art. 615 bis c.p.).

Se poi la questione è offrire quanto registrato per confortare quanto si dice, si tratta di “diffusione” punibile solo se questo comporta un danno a terzi. Nel contempo l’infrazione non sussiste se quei risultati servono ad un processo o per diritto di cronaca o di difesa (art. 617 septies cp).

RR: Questo significa che sarebbe consentito il tutor personalizzato.

AM Esatto, perché evoluzione del registratore classico ed usato per scopi difensivi giudiziari o per tutela nella cronaca.

RR Che bello sarebbe se tutte le persone perbene si dotassero di un trojan! I birbanti avrebbero vita più dura. Ti confesso, che amo sempre più questo mondo digitale e sono orgoglioso di Zafferano che riflette molto sulla cultura digitale. Avendo come stella polare la legalità e il rispetto del prossimo, posso pubblicare Camei che la stampa mainstream mai mi pubblicherebbe, posso fare podcast e video diffondendoli in rete senza essere soggetto a censura da parte dell’establishment, ho acquisito la capacità di scoprire le fake truth istituzionali e le posso combattere a viso aperto, posso scrivere un libro sulla storia “autentica” della Fiat di Sergio Marchionne (distribuzione@grantorinolibri.it, 10 €) e avere il privilegio di un rifiuto non dico a recensirlo ma forse a leggerlo da parte di chi un tempo era liberale. E poi, che bello, il mio voto è diventato molto più importante di un tempo. Ti confesso, caro Alberto, che ora mi sento più tranquillo. Grazie.


AAA ALITALIA ATLANTIA ARLECCHINI CERCASI

Chi vuole ripassarsi la storia della privatizzazione Alitalia, dal Governo Prodi, poi Berlusconi e giù giù fino a quelli Renzi e Gentiloni vada su Wikipedia: il riassunto dei fallimenti è riportato in modo garbato. Il contributo dei celebri supermanager privati (persino australiani!) è stato nullo, l’unico numerino in basso a destra era drammaticamente rosso prima, è rimasto drammaticamente rosso dopo il loro intervento. Non dobbiamo stancarci di ripetere che, in qualsiasi disciplina, i “competenti” devono essere sempre giudicati non dalle teorie, dai curricula, dalle chiacchiere (secondo costoro ogni problema ha una sola soluzione ottimale: la loro), ma da execution e risultati. Che è rimasto del passaggio di costoro in Alitalia? Nuove divise per piloti, steward, hostess.

E ora i giallo-verdi vogliono ritornare alle origini: nazionalizzarla. Allegria! A nessuno è passato per la testa che quando si è falliti si portano i libri in Tribunale? Il fallimento è sempre da imputare ai manager: i danni sono identici, la differenza è che quello privato è più supponente e costa di più di quello pubblico. Comunque, l’ufficialità della nazionalizzazione l’avremo a metà settembre, quando ci sarà la due diligence” e l’ennesimo nuovo piano strategico. E’ una finzione, fa parte di una grande sceneggiata predisposta a tavolino da politici, potenziali azionisti, tecnici, advisor. Per fingere ci fosse una gara, e poter scegliere Atlantia fra più concorrenti (sic!), hanno tirato fuori dal cilindro Avianca, la Lazio, Toto.

Apro una parentesi. Questa mi ricorda la grande sceneggiata di FCA per tagliare la corda dall’Italia senza pagare pegno. Ricordate l’innamoramento dei salotti Ztl per Sergio Marchionne? Quando, alla fine, trasferì la “ciccia” a Detroit e Torino divenne una città museale a scartamento ridotto, e tutti tacquero ossequiosi? Gli otto piani industriali di FCA, uno all’anno (sic!), resi immortali dal libro di Marco Cobianchi, ricordano quelli di Alitalia. Erano chiacchiere e fuffa, però con un secondo scopo. Il modello Alitalia sarà il piano “Fabbrica Italia con il mitico e tanto strombazzato investimento da 20 miliardi € senza ci fossero né i prodotti, né i clienti, né i 20 miliardi? Il libro “FCA remain o exit” (distribuzione@grantorinolibri.it, 10 €) è utile per capire il caso Alitalia. Due esempi eclatanti di fake truth in purezza, dove pubblico e privato si incontrano per gabbare i cittadini.

Torniamo ad Alitalia. Il film è già pronto, il copione scritto, il cast scelto, il finale definito. Si tratta di fare le riprese. Una certezza: nell’arco di qualche anno gli italiani perderanno un altro miliardino, che andrà ad aggiungersi agli altri 8 già evaporati, da Prodi in giù. E non potranno più rivalersi su Atlantia per il Ponte di Genova, perché salvatrice della patria celeste.

I due azionisti statali (FS-MEF), che hanno la maggioranza della nuova Alitalia, della due diligence settembrina se ne fanno un baffo: non sono manager ma funzionari dello Stato agli ordini dei Ministri di competenza (si fa per dire), quello dei Trasporti, quello dello Sviluppo, quello del Tesoro. Lo stesso vale per i cosiddetti azionisti privati, Delta e Atlantia. Lo scopo vero dell’interesse di uno è di mettere un cip per bloccare un concorrente europeo (Lufthansa?). L’interesse dell’altro è evitare la perdita di un contratto di concessione pieno di pepite d’oro. Chi crede che questa furbata non sia un’imbarazzante transazione, si accomodi.

Un Governo serio, se lo riteneva opportuno, avrebbe tolto la concessione ad Atlantia e si sarebbe liberato comunque di Alitalia, altro che mischiare i due problemi. Nel mondo del business e del management, ove dev’essere collocato il problema del Ponte, vigono altre regole. Nel privato, se cade il rapporto di fiducia fra un’azienda e un fornitore di servizi, il primo impugna il contratto, punto. Nessun privato attende il giudizio penale e civile della magistratura, con i tre gradi, per liberarsi di un fornitore che, a suo dire, non ha fatto la manutenzione corretta del manufatto, con i danni che ne sono seguiti. Alitalia-Atlantia mi ricordano i due Arlecchini di Picasso, doppi ed enigmatici.

E poi, come trascurare il futuro del trasporto aereo? Il tema dell’ambiente è importante e strategico, prima o dopo dovranno cessare queste buffonate degli accordi volontari (tutti firmano, nessun fa nulla), passare dai cortei, dal bigiare la scuola, dalle parole roboanti all’execution e allora uno dei primi temi da affrontare sarà quello del trasporto aereo. Per dirla con Totò: “Senza saper né leggere, né scrivere, a questo punto, non sarebbe meglio uscire che non entrare in questo business?”. Un investitore di lungo periodo oggi investe nella sanità, nel farmaceutico, nei droni, nel IA, non certo nel trasporto aereo passeggeri.


riccardoruggeri.eu

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro