Al centro un uomo grasso, simbolo dell’abbondanza del Carnevale, a cavalcioni di un barile fronteggia una donna smunta che rappresenta la Quaresima.
Il Carnevale ha al seguito musicanti di strada con strumenti poveri che posson fare più baccano che musica: una gratella, un coltello, dei bicchieri e il rommelpot, vaso in terracotta ricoperto da una membrana che uno stecco fa vibrare.
Dietro di loro altre figure folleggiano gaudenti; gli scenari e i simboli sono tanti, si fa teatro di strada e i personaggi cantano, danzano, suonano chitarrine e cornamusa.
Niente baldoria né musica invece nella parte destra del quadro dove l’atmosfera è pesante, i colori scuri e nel campanile le campane tacciono, legate.
Durante la Settimana Santa solo uno strumentino può farsi sentire per richiamare i fedeli alle funzioni: la tanavella, una tavoletta di legno con manico e batacchio. Bruegel lo dipinge in mano ai bimbi che accompagnano la vecchia Quaresima mentre sullo sfondo delle baldorie carnascialesche un falò brucia il fantoccio del Carnevale. Quest’atto, simbolo di rigenerazione ci indirizza al significato voluto dall’artista fiammingo nella sua opera.
La battaglia tra Carnevale e Quaresima non ha vincitori né vinti perché nella scena rappresentata tutto lascia presupporre un senso di ciclicità; guardando il dipinto si può infatti immaginare che Bruegel abbia voluto imprimere una ideale forma circolare, ciclica, ai personaggi e alle azioni soprattutto: la musica del Carnevale è destinata a spegnersi per far posto al silenzio quaresimale ma anch’esso finirà e cederà il passo ai canti dei riti pasquali.
L’inverno termina, la vita si risveglia, la musica ritorna a festeggiare la Pasqua e prosegue ad accompagnare le giornate delle persone e le ricorrenze dell’anno, fino alla prossima lotta tra i suoni sguaiati del Carnevale e il batacchio severo della Quaresima.
Poi, secondo un ciclo perpetuo, di nuovo le campane suoneranno a festa.