IL Cameo


Cinque anni passati a scrivere sempre lo stesso Cameo

Abbiamo passato cinque anni insieme ai nostri lettori. Quanti? Di sicuro i diciannovemila abbonati di cui sappiamo il nome, abbiamo le rispettive mail, spesso il numero di cellulare per sentirci, ma siamo sicuri che siano molti di più, anche perché altri editori ci hanno ripreso. Questo è il nostro primo bilancio quinquennale. Bello!

E i prossimi cinque anni? Siamo fiduciosi che siano ancora più belli! Da oggi, gli abbonati (tutto gratuito, niente pubblicità, niente ideologie) possono scaricare (gratuitamente) il libretto digitale “Zafferano Vox”, pubblicato per festeggiare questo traguardo e indicare il futuro, digitando https://zafferano.news/pubblicazioni/zafferano-vox Il libretto sarà alla base di una pièce teatrale che la nostra giovanissima Silvia Andrea Russo elaborerà e reciterà.

Perché gratuito e senza pubblicità? Volendo fare dell’autentico giornalismo reputazionale abbiamo deciso che il denaro, sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, dovesse rimanere fuori, mantenendo così fuori l’Agenzia delle Entrate, la magistratura, la politica, le lobby, gli inserzionisti, e ogni altra forma di possibili condizionamenti.

Mi sono andato a rileggere i 243 numeri che precedono questo, ci ho trovato la nostra “linea editoriale”, riassumibile in una frase del grande cuoco (chiamarlo chef sarebbe offenderlo) Angelo Paracucchi: “Non si può ingannare a lungo la gente con l’aria fritta al profumo di niente”. Perché questa è l’haute cuisine del CEO capitalism, un modello politico-economico-culturale che da trent’anni ci accompagna verso un mondo che preferisco non definire, tanto è l’imbarazzo che provo. Come dice un giovane amico, uno degli ultimi liberali nature, che mi è molto caro “Siamo un pezzo di mondo di malati di mente, l’unica buona notizia è che siamo pochi e destinati a essere sempre meno”. Non sono così pessimista.

Rileggendoli mi sembrano le immagini di uno specchio dei ricordi, un passato che torna ad essere un presente. Per me si è trattato dello stesso Cameo riscritto duecentoquarantaquattro volte. In comune, tutti hanno la ricerca di avvicinarsi alla verità, niente fake news, non le miserabili fake truth degli altri. Tentativo di un giornalismo reputazionale in purezza. Il Cameo si chiude sempre con una convinzione in fondo ottimista: “tranquilli, tanto qualcosa succederà”, e si suppone che il futuro sia meglio del presente.

Gli antichi romani avevano dedicato il mese di marzo sia alla donna (la fertilità) e sia all’uomo versione soldato (la guerra). Dopo esserci vantati, noi europei, dei nostri settant’anni di pace, da un paio d’anni siamo coinvolti in ben tre guerre. Stiamo scoprendo i tanti lati oscuri della guerra, ogni tanto ci arrivano folate di un vento che odora di morte; sta riemergendo il cancro dell’antisemitismo che sta ammorbando in primis i nostri salotti e accademie.

E riflettiamo su un altro “segnale debole”. A tre mesi dalle elezioni europee, due poveretti (politicamente parlando), uno travestito da boxeur, l’altro da ministro degli esteri europeo se ne escono con frasi definitive: “manderò le truppe!” e “tranquilli, la guerra non è imminente!” (tradotti nel linguaggio comune: “preparatevi plebe, presto ci sarà la guerra”). Immaginate come esulterano i leader dell’opposizione che imposteranno la loro campagna elettorale sul rifiuto di combattere in nome dei ricchi delle ZTL e i loro giovani figli e nipoti che correranno a frequentare compiacenti Università australiane e neozelandesi.

Intanto l’ubriacatura della globalizzazione ha creato un disagio sociale vero, che sta frammentando sempre più le diverse povertà. Alcuni avevano puntato tutto sulla globalizzazione per gabbare altri popoli, facile prevedere che ci accorgeremo presto come alla fine della fiera i gabbati saremo noi. Dobbiamo imparare a non vergognarci di fare analisi oneste e di privilegiare sempre e comunque l’umanità. Per arrivare sulla cima non c’è altra via che piantare chiodi, però vi confesso che ci sono momenti in cui vedo molti di noi, ed io stesso, che sembriamo essere stanchi di essere persone perbene, persone libere. Stiamo confondendo la finta democrazia in cui ottusamente ci crogioliamo con la libertà. E’ altra cosa. La democrazia ha molte declinazioni, soprattutto a favore di pochi illuminati, la libertà una sola però a favore di tutti.

Il Cameo, e così tutte le altre rubriche, vogliono essere uno sguardo volutamente fanciullesco su un mondo occidentale che fa di tutto per raccontarsi delle bugie, per farsi del male da solo. Torniamo in noi, pensiamo ai nostri figli e nipoti. E su con la vita! Come diceva mio papà, operaio Fiat, morto a 41 anni: “La vita può essere bella, capirlo è però difficile”.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro