In termini di visibilità mediatica, per l'Italia, è tutto cominciato con una puntata di Striscia la Notizia in cui il “clone” di un noto politico italiano, rilascia una serie di dichiarazioni estremamente offensive nei confronti di colleghi politici e figure istituzionali. Dato che ad inizio puntata non era stato indicato che fosse un “falso” molti utenti dei social a primo acchito ci sono cascati, commentando in vari modi l'atteggiamento del personaggio politico in questione. Ovviamente dopo poche ore anche le persone più superficiali si sono rese conto che qualcosa non quadrava...
Diciamo la verità, il filmato era anche fatto piuttosto male, ma con una qualità sufficiente per indurre all'errore moltissime persone, soprattutto perché la clip “decontestualizzata” ha fatto il giro del web, senza la parte finale in cui i presentatori di Striscia facevano appunto notare che fosse un falso.
Il problema vero sta nel fatto che nelle settimane successive sono stati messi in circolazione, centinaia di video creati con sistemi informatici e multimediali di gran lunga più sofisticati, con repliche di personaggi politici internazionali, con una qualità ed una perfezione incredibile rispetto a quelli prodotti in passato, tali da rendere quasi indistinguibile il vero personaggio da quello “clonato”. Ed è a questo punto che dai convegni dedicati alla CyberSecurity, il fenomeno è passato ai titoli dei giornali e dei telegiornali.
E' chiaro l'obiettivo per cui vengono creati questi video: distruggere la reputazione di un personaggio importante e/o influenzare una massa di persone per modificare la pubblica opinione in merito a determinati argomenti.
Il pericolo nella diffusione di questi video è quindi evidente ed immediato. Il rischio che la prossima campagna presidenziale USA possa essere colpita da questo flagello mediatico è reale. Ma visti i costi sempre più bassi per produrre tali video, il rischio potrebbe diffondersi anche all'ambito economico e produttivo.
Occorre quindi correre ai ripari. Un sistema potrebbe essere quello di “certificare” i video diffusi in rete. Alcune piattaforme internazionali offrono già oggi ai giornalisti strumenti per poter verificare la veridicità di una fotografia. Semplicemente sarà sufficiente mettere a disposizione dei media, lo stesso tipo di strumenti di verifica anche per i video. In seconda battuta sarebbe fondamentale “bandire” i profili e le fonti anche prestigiose che dovessero deliberatamente diffondere video falsi o alterati. Cara Gen Z, siamo di fronte a nuovo tipo di CyberWar che si gioca a livelli impensabili fino solo a pochi anni fa.