Matteo narra di un viaggio effettivo, con luoghi di partenza, anche se imprecisati, lontani dalla Palestina; di un itinerario non lineare indicato da una stella; di una sosta a Gerusalemme e di un incontro con Erode; di un punto di arrivo, Betlemme, dove i Magi giungono per strade tracciate da una Sapienza che guida i loro passi e adorano un Bambino; di un viaggio di ritorno «ai loro paesi» ma per un’altra via, diversa da quella di andata, consapevoli di aver conseguito il fine e la fine del loro cammino. I Magi vedono Il Bambino-Re, che del re non ha niente, Lo adorano e nei doni simbolici che offrono, consegnano il mistero di sé stessi ad un Mistero più grande che assume i tratti della nostra fragilità umana: “un bambino nella mangiatoia”. Capito il senso della loro avventura, trovato il “Tesoro” dopo lunga e sofferta ricerca, non hanno più paura, perché si sentono fasciati e portati da un Mistero di Amore. Può succedere loro di tutto ma contano sull’Amore divino e diventano testimoni che non esiste misura di felicità più grande di questa. Anche noi siamo in cammino verso il venire di Dio, il Natale, ma non vi stiamo andando come i Magi sapienti. Noi ci fidiamo poco di Dio, Lo avviciniamo con sospetto, preferiamo trattare con gli Erodi della terra, rintanati nei loro palazzi, soffocati dall’oro, rosi dalla gelosia, divorati dalla violenza. Siamo in viaggio attraverso sentieri impervi, tra mille ostacoli, tormentati dal dubbio e schiavi dell'incredulità, perché andiamo in cerca di una regalità umana mossi dalla segreta speranza di ottenere benessere. E siamo in tanti, smarriti e sfiduciati, a metterci in viaggio, attratti dalle false luci, alla ricerca, in fondo, solo di noi stessi, perdendo la grande occasione della vita di trovare una stella. Dopo l'incontro decisivo con il Bambino, per i Magi, la stella non indica più il cammino dall'esterno perché essa si trova dentro il loro cuore e dentro la loro mente. Nell'uomo rinnovato dal viaggio e redento, la stella opera attraverso una luce che non ha più bisogno di esprimersi esteriormente, perché è diventata bussola e sicurezza. Questa luce interiore dona la certezza che, più che cercare, si è cercati; che ci si mette in viaggio perché Qualcuno ci attrae e ci attende, Felicità che colma la vita. C’è tanta gente infelice che non prende l’iniziativa del viaggio perché condizionata dalla sicurezza e dal conformismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione di un viaggio che non devasta l’animo perché il cammino è senza fine ma che lo gratifica con una gioia immensa di vivere per aver raggiunto un orizzonte dove il sole non conosce tramonto. Se i Magi fossero rimasti nei loro “palazzi d'estate” a godersi le loro fresche, dolci bevande, non sarebbero mai stati raggiunti dalla Verità, perché più che inseguire noi la Verità, è la Verità a inseguirci. (Robert Musil in Uomo senza qualità, Einaudi 2014) Non siamo noi a conquistarla con le nostre capacità; è lei a mettersi sulle nostre strade, forse anche deviate, per conquistarci. Il Natale lancia in gran stile questo invito alla Gioia. La riscoperta del Bambino in una mangiatoia si accompagna all’esultanza tipica del viaggiatore per il quale ciò che conta di fronte alla vastità del mare aperto non è avere una nave, ma un porto da raggiungere, un sogno che vale tutta l’acqua da attraversare.
Dove mettiamo la gioia del Natale?
Il viaggio del Magi, da tanti considerato una favola, in realtà è un racconto denso di simbolismi. Anche se la tradizione, lungo gli anni, ha attribuito ai Magi un nome, un numero, un titolo regale, è per noi un impegno recuperare l'anima profonda dello scritto, senza fermarci in superficie.