LA Caverna


Parole e dialoghi

Un tempo la parola era sacra, un impegno che si prendeva in coscienza. Chi spendeva parole inutili o smentiva in pratica quanto aveva detto veniva condannato al biasimo collettivo. Il linguaggio sottende una spiritualità. Le parole non sono rumore ma rivelazione dell’anima. I dialoghi vuoti rischiano di essere un incontro di solitudini.

Oggi, molte volte ci sono veli che adombrano l’intelligenza delle parole per cui nelle relazioni siamo poco immediati e trasparenti. L’ignavia e l’arrendevolezza alla routine rischiano di renderci ripetitivi e monotoni. Dobbiamo mettere a tacere le voci superficiali che si agitano dentro il cuore per diventare più consapevoli di quanto diciamo e di quanto ci dicono gli altri. Per molti la parola non dice ma serve. Dobbiamo sviluppare in noi il desiderio della chiarezza per togliere al nostro linguaggio ogni ambiguità e ogni approssimazione.

Le parole autentiche sono sempre cariche di significato, senza protezione e senza calcolo. Nella parola ci si riconosce, poiché la parola è un operatore di alleanze. Non culliamoci nell’assurda illusione che bastano slogan, frasi fatte, proposte assurde, battute a effetto, perché, richiamando Tacito, avvertiamo subito che questo deserto non si chiamerà mai pace. Dobbiamo, perciò, fare i conti con l’immensa distesa di rumori aridi e tediosi, con l’uso perverso di un linguaggio distraente e fuorviante, per evitare il rischio di cadere nell’abisso dell’incomunicabilità.

La nostra civiltà è in pericolo di soccombere non solo sotto gli scarti industriali ma anche sotto i detriti linguistici che, spegnendo le coscienze ed eclissando la percezione della realtà, soffocano il pensiero libero e profondo. Giovanni Andrea Negrotti, nel suo libro Quel sottile male di vivere riflette sul moderno mercato di parole usate, quasi una grande Babilonia, dove se la parola non possiede gli ingredienti della vita quotidiana, della libertà e della cultura perde la sua carica di verità, bellezza ed energia. La verità delle parole deve svelare il talvolta drammatico insieme delle nostre speranze tradite, dei sogni infranti, delle prospettive annullate. I nostri dialoghi devono essere convincenti narrazioni da cui traspare comunione d’intenti e solidità di amicizie.

Nella parola sta tutto l'uomo, corpo e anima. La cura della parola ci aiuta a ritrovare noi stessi, a rafforzare la nostra personalità, a migliorare la comunicazione, a sostenerci nei periodi di crisi. Il dialogo può essere considerato come il più potente legame del tessuto sociale perché ci permette di conversare, di «intrattenersi», di «stare insieme» nell’esistenza. Grazie alla parola un «io» può esistere per un «tu» e costituire insieme un «noi». La parola è un atto creativo, che rivela il colore, il suono e la qualità delle cose e costruisce relazioni sincere tra gli uomini, crea idee e impulsi per il futuro, può risolvere situazioni critiche e riequilibrare anime inquiete. Nanni Moretti, in Palombella Rossa, fa affermare al protagonista Michele: «Le parole sono importanti», sono portatrici di verità e realtà, incidono la carne». L’uso divertente e vuoto delle parole non è un buon segno. Recuperiamo la consapevolezza che le parole hanno un valore inestimabile.

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Pietro Gentile (Torino): bancario, papà, giornalista, informatico
Francesco Rota (Torino): un millenials
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro

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