IL Digitale


Attaccar bottone

Uno dei temi ricorrenti di questa rubrica e’ la comunicazione attraverso strumenti digitali e social media che ci tengono (fisicamente) separati dalle persone con cui parliamo. Chi ha modo di paragonare le bollette telefoniche di adulti, millenial e Gen Z, vede la differenza tra minuti spesi su voce e quelli spesi su messaggi: in linea generale ai vecchietti piace parlare, ai giovani scrivere.

Nelle ultime settimane sono state pubblicate importanti ricerche dall’Universita’ di Chicago e della British Columbia (https://tinyurl.com/y4uls3jg ed anche qui https://tinyurl.com/y3x4gv3x) che provano l’effetto benefico del parlare con sconosciuti che si incontrino. Sia al bar o sui mezzi di trasporto, per il nostro umore ed ottimismo e’ meglio attaccar bottone con uno sconosciuto che digitare sul cellulare, o guardar l’erba che cresce.

Quello che e’ interessante negli esperimenti alla base di queste ricerche, e’ che i partecipanti riconoscono la difficolta’ di essere i primi a rivolgere la parola ad uno sconosciuto perche’ abbiamo questo pregiudizio innato che il prossimo lo veda come un disturbo. Tuttavia la soddisfazione che deriva da questi brevi incontri e’ maggiore, e dura piu’ a lungo della fatica che si fa ad attaccar bottone. Il motivo e’ che ci riconosciamo come parte di un gruppo, sia esso quello dei frequentatori del bar, del treno o di un altro centro di aggregazione.

“Attaccar bottone” e’ una gran bella espressione della nostra lingua, che si traduce in altre come iniziare una conversazione, ma chiaramente ha un significato letterale diverso. Non mi ritengo un professionista dell’attaccamento bottoni, perche’ in vita mia ne avro’ attaccati al massimo una ventina con la dimestichezza dell’orso yoghi, ma e’ un esercizio che ho sempre trovato divertente. Devi tagliare la lunghezza corretta del filo, passarlo nell’ago, e poi fare in modo di attaccare il bottone senza far obbrobri rispetto agli altri, e specialmente senza punzecchiarsi le dita.

Non so chi per primo abbia usato questa espressione idiomatica per esprimere la difficolta’ dell’iniziare una conversazione con uno sconosciuto, ma le recenti ricerche ci confermano anche il parallelo con la soddisfazione di farlo. Attaccando bottone ci avviciniamo allo sconosciuto, alla straniera, facciamo un qualcosa di utile a noi e loro. 

Le spiagge estive sono un luogo ideale per attaccar bottone, alcuni volponi le usano addirittura per far veri e propri comizi e parlano, parlano e scherzano, ed alla fine convincono. I polli invece restano tra loro, nel pollaio, a far dei post, dei like, degli sdeng e dei blast che non convincono nessuno.
Qualsiasi sia la stagione, attaccate bottone, fa bene alla mente.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Pietro Gentile (Torino): bancario, papà, giornalista, informatico
Francesco Rota (Torino): un millenials
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro