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Da Homo Sapiens a Homo Marmot, da uomo a marmotta

Ieri ho scoperto l'ultima evoluzione della nostra specie: da homo sapiens siamo arrivati all'homo marmot, l'uomo (e donna) marmotta.

L'homo sapiens (voi che mi leggete) appare circa 10.000 anni fa quando il predecessore (homo heidelbergensis), dopo aver inventato i vestiti ed imparato a cucinare, finalmente abbandona la vita nomade e diventa sendetario. Così facendo comincia a coltivare i campi ed allevare animali, poi costruisce strumenti, strade e piramidi, ed è un attimo che va a lavorare in fabbrica, in ufficio, e si arriva ai giorni nostri, rider in bicicletta. Tra noi ed i nostri antenati di 500, 2.000 o 10.000 anni fa la differenza è nel progresso tecnologico che ci porta dalla ruota all’intelligenza artificiale, dallo scambio di conchiglie ad Algo (criptovaluta che merita), ma essenzialmente continuiamo ad interagire tra noi in un determinato posto, con qualche occasionale viaggio.

Dove ho trovato l'homo marmot, l’uomo (e donna) marmotta?

Da anni insegno un breve corso ai dottorandi del Poli di Torino: poche lezioni con gli studenti, tre libri da metabolizzare e scritti di sintesi da mandarmi. Iniziando a gennaio, l’anno scorso ero riuscito a mitigare l’impatto del virus, pur perdendo la lezione finale causa lockdown. Il corso mira a dare strumenti comportamentali perché lo studente affronti un tipo di problema in modo professionale e non istintivo: questo significa che interagisco vivacemente con gli studenti, emozioni forti.

Quest’anno dobbiamo giocoforza usare la piattaforma per la didattica a distanza. Funziona tutto bene: io spiego il materiale, e dopo qualche minuto cominciano ad arrivare le domande via chat, cui rispondo al volo. Che bello, guarda come son partecipi! Tutto preso dalla foga, lascio passare parecchi minuti prima di accorgermi che no, nessuno dei 58 studenti ha acceso la telecamera o proferito parola. Le interazioni sono tutte via chat.

Mi sorge vago il sospetto di essermi perso un pezzo, di non averli abilitati correttamente e non aver premuto l’ennesimo pulsantino sparso sullo schermo. Quindi chiedo dove ho sbagliato, se devo far qualcosa per vederli in faccia, per parlargli de visu. Panico! Dopo 30 secondi, sempre via chat, arriva la confessione: sono loro che intenzionalmente non hanno acceso la telecamera e preferiscono scrivere invece di parlarmi. Marmotte! Bravissimi ingegneri, architetti e medici di varie età e nazionalità, tutti intruppati in questa modalita’ da topolone montanaro, rintanato nella tana per non metterci la faccia.

Qui si impone una riflessione alla Konrad Lorenz, alla Charles Darwin. Mentre possiamo capire la ritrosia adolescenziale, che esisteva anche prima dei social media e guariva col tempo, qui ci troviamo persone che l’adolescenza l’han lasciata da 15-20 anni. Mentre possiamo capire che durante la giornata il messaggio sia più efficiente e comodo della chiamata, qui eravamo in aula assieme: la voce sarebbe stata migliore (con intonazione e timbro) ed il video molto più efficace (linguaggio non verbale). Vedendo uno sguardo perplesso ci metto due decimi di secondo per riprendere e tarare il messaggio: se devo aspettare una domanda sulla chat e poi rispondere, non finisco più.

Eccoci qui: il 40% degli adulti e l’83% dei giovani sotto i 24 anni preferisce il messaggio alla chiamata, in america mandiamo cinque volte piu’ messaggi che telefonate. Ci stiamo marmottando?

Sarebbe un errore, perché siamo animali sociali ed i processi psicologici e specialmente affettivi funzionano bene nella comunicazione de visu, poco in quella solo testuale (si veda qui). Chi preferisce il text e gli emoji alla melodia della voce ed alla forza dello sguardo, perde quell’imprinting che ci ha insegnato Lorenz, che è proprio il primo passo del processo affettivo. L’homo marmot è destinato ad estinguersi, come ci dice Darwin, perché chi rinuncia ad interagire di persona, fisicamente o in video, avrà problemi a socializzare e quando sei alla periferia del branco è un attimo ritrovarsi soli nella savana, infestata di predatori.

Nessun problema per i miei studenti: la prossima lezione li tiro fuori dalla tana, come Lorenz con le paperette. E chi tra voi ha figli o nipoti che sembrano trasformarsi in marmotte, occhio! Meglio Sapiens che Marmot.

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro