IL Digitale


Quando i robot imparano da soli

Torno sul tema dell’apprendimento dei robot, trattato spesso su questa rubrica perche’ importante nel capire la trasformazione del rapporto uomo-macchina con la rapida evoluzione della tecnologia. A giugno scorso in “Premi al robot ranocchio” raccontavo come si possa addestrare una macchina alla stregua di un cucciolo, con premi e punizioni. Sei mesi dopo, oggi possiamo togliere l’addestratore umano ed avere due robot che imparano giocando l’un con l’altro. Come se due cuccioli di cani si...

... addestrassero da soli: possibile? Per qualche dettaglio vedete qui.

Quando il cucciolo impara, il suo cervello si concentra sul motivo, sull’utilizzo dell’oggetto: il cane capisce rapidamente che la cuccia serve per riposarsi, non che sia fatta con una base di legno ed un materassino di lana. Il bambino non ci mette molto a capire che la sedia serve a sedersi, ignorando che sia in betulla colorata ed impiallacciata dall’Ikea, e così via per tutti gli oggetti e le situazioni che i cuccioli affrontano nella loro crescita. La maggior parte degli adulti usa abitualmente cellulari e social media senza preoccuparsi di come siano fatti o funzionino.  Fin dalla più tenera età, tanto cane quanto pupo riescono a generalizzare, e così sapranno sempre riconoscere una cuccia o una sedia a prescindere dal colore, materiale, posizione, prezzo. Fino a poco tempo fa invece, al robot occorreva insegnare tutto lo scibile delle sedie in modo che le sapesse riconoscere rispetto ad una bottiglia. Era appunto stupido come un ranocchio.

Fino a poco tempo fa, mettendo un robot in un appartamento ed ordinandogli di sedersi, avremmo aspettato a lungo prima che capisse qual’era la sedia e come sedersi: le comiche. Questa capacità è la stessa che divide uomini da animali: il cane impara 4-5 oggetti, la scimmia una decina riuscendo a costruirsi un paio di utensili, noi mandiamo gente sulla Luna, ed a Montecitorio. L’evoluzione più recente nell’intelligenza artificiale è questa capacità psicologica di concentrarsi sull’uso, sul vantaggio che si ha da un determinato oggetto. Ora possiamo mettere due di questi robot in un appartamento e giocando tra loro imparano come gli possono essere utili i diversi oggetti, apprendono da soli ad usare tutti gli arredi.

Quest’innovazione è importante perché apre la strada a fare in modo che l’intelligenza artificiale spieghi come ragiona, per il risolvere il problema del black box AI spiegato bene qui. Ricorderete delle automobili a guida autonoma che misteriosamente svoltavano a sinistra al tramonto? Ci son voluti mesi e milioni di dollari per capire che il difetto era dovuto all’apprendimento del robot, avvenuto con migliaia di rientri al parcheggio aziendale nel tardo pomeriggio, al tramonto, con una manovra che richiedeva la svolta a sinistra.

Altro caso, il robot ospedaliero che prende svarioni diagnostici importanti e non può essere lasciato solo col paziente, al punto che in molti ospedali queste macchine sono state eliminate. Gli esempi sono moltissimi: nel momento in cui non si capisce perché il robot faccia un qualcosa, non ci possiamo fidare. Esattamente come il cane o il bimbo, se imprevedibili o non comprensibili non possono esser lasciati soli, così con le macchine. Se invece queste capiscono a cosa servono le cose e riescono a spiegarci perché fanno qualcosa, allora il rapporto uomo-macchina si evolve. Per chi avesse voglia di approfondire raccomando qui.

Per chi segue questa rubrica ormai da due anni, spero si veda che la rapidità dell’evoluzione tecnologica è esponenziale e quindi molto difficile da comprendere. Ora che ci siamo abituati al Rt del Covid, abbiamo più familiarità con la crescita esponenziale e ciò che questo significa. Pensiamo anche alla rapidità del cambiamento societario che ci porta l’intelligenza artificiale, alla necessita’ di fare in modo che sia utile e non avversaria. Dove andremo?

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Giordano Alborghetti (Bergamo): curioso del software libero, musicofilo, amante del mare
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro