IL Digitale


Per un metaverso che muore - uno nuovo nasce

Le pessime performance di Meta, specialmente della sua versione di metaverso, hanno attirato le critiche e l’ironia dei concorrenti digitali: uno tra tutti, Tim Sweeney. Lui è il CEO di Epic Games, che con 600 milioni di clienti che ogni mese giocano on line a Fortnite, Minecraft, Roblox ed altri ancora, ha fatto molto meglio di Zucki nel creare un mondo virtuale. 

Per dare un’idea del divario, ogni giorno ci son 25 milioni di giocatori su Fortnite, solo 48 tristissimi clienti su Meta.

Il mondo dei giochi on line è in continua crescita, al punto che oggi abbiamo corsi di laurea dedicati ad insegnare il mestiere: dalla preparazione delle sceneggiature, dei possibili scenari di gioco, dei diversi avatar, ed ovviamente dello sviluppo software ed hardware necessari. In America il lockdown ha causato un aumento del 16% del tempo speso sui videogiochi, arrivando a 15 ore la settimana per due terzi dei giovani. Mentre il numero di giocatori su computer è sui 95 milioni senza previsione di variazioni, quello che usa il cellulare passa dai 162 milioni ai 175 milioni previsti per il 2026, con una notevole penetrazione anche nella fascia adulta, visto che siamo in 340 milioni.

Passare due ore al giorno sui videogiochi mi sembra tanto, anche dannoso se nelle altre ore non manteniamo un giusto bilanciamento di attività fisica, vita all’aria aperta ed interazioni sociali. Tuttavia, pensando ai milioni di lavoratori che spendono otto ore al computer lavorativo, non è esagerato. Possiamo concludere che il metaverso si limiterà al campo dei videogiochi? Dove ognuno di noi può indossare l’avatar che vuole e giocare con gli amici nell’iperspazio? Credo si aprano anche altri scenari, interessanti.

Al Liveworx2023 appena concluso a Boston ho avuto modo di rivedere amici e professionisti dello sviluppo prodotto che non incontravo da quattro anni, perché il convegno fu sospeso causa Covid. In questi anni l’industria del CAD (progettazione assistita dal computer), PLM (strumento per la gestione di tutti i documenti del prodotto) e simulazione ha fatto passi da giganti, nella direzione del lavoro da remoto.

Fino a prima del virus le principali aziende manufatturiere, a prescindere dal settore industriale, avevano enti di progettazione sparsi in pochi centri al mondo e si spartivano il lavoro in modo che un componente fosse sviluppato qui, un altro li, e poi alla fine fosse unito nel prodotto finale. Le aziende facevano un grosso sforzo per standardizzare questi strumenti, in modo che tanto l’ingegnere di Boston, quanto quello di Parigi e quello di Mumbai, fossero facilitati nel comunicare e non sbagliassero. Tuttavia, le dimensioni dei file CAD spesso di alcuni giga, e la necessità di manipolare questi oggetti in tempo reale, rendeva impossibile la collaborazione sullo stesso pezzo, nello stesso momento.

Ora quella collaborazione si può ottenere, e questo cambierà notevolmente il modo in cui lavoriamo. Se una volta i progettisti si trovavano di fianco al tecnigrafo, e barbottavano su ogni linea ed ogni modifica fino ad arrivare al disegno definitivo, oggi possono modellare dai quattro angoli del pianeta mettendo le loro mani virtuali sullo stesso pezzo. Questa capacità consente al lavoratore remoto una maggiore produttività, e magari di iniziare un doppio lavoro come abbiamo visto la settimana scorsa.

Non sorprende che Elon Musk abbia tuonato nervoso, ed ordinato a tutti i suoi progettisti di rientrare in ufficio: li vuole controllare da vicino come i vecchi capi delle ferriere. Anche Amazon ha appena chiesto ai suoi 55.000 dipendenti di Seattle di tornare in ufficio, minimo tre giorni la settimana: non sia mai che fai due mestieri senza dirmelo. In ogni caso l’impressione è che la disponibilità di strumenti facili da usare, gratuiti, che danno notevole incremento alla produttività individuale, finiranno per cambiare il nostro modo di lavorare. CEO come Musk e Jassy (Amazon) possono sicuramente richiamare le truppe in ufficio e provare a fare micro-management: Musk in persona vuole firmare tutte le lettere di assunzione adesso. Ma non riusciranno ad arginare una generazione che ormai ha capito le fregature del digitale, e sa come aggirarle.

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Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
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Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro