IL Digitale


Confusione su ChatGPT

Raccomando sempre di giocare con questi robot intelligenti, che da una domanda possono produrre disegni innovativi o, come nel caso di ChatGPT, testi interessanti: occorre prendere dimestichezza, divertendosi. 

La facilità d’uso e gratuità di quest’ultimo arrivato sono alla base del suo enorme successo: troviamo medici che controllano se riesce a diagnosticare malanni, professori che verificano la sua capacità di passare esami di giurisprudenza, economia e medicina, ed ovviamente studenti che si fan beccare con le mani nella marmellata avendolo usato per farsi scrivere compiti e tesi.

Nota di colore: ChatGPT è fatto per scrivere bene dei testi, delle storie con un capo ed una coda, con un guizzo di ironia e stile, niente di più. Se gli domandiamo “trentacinquenne senza precedenti cardiovascolari, neanche famigliari, si presenta in pronto soccorso lamentando angina pectoris e difficoltà respiratorie, come lo curo?” il robot sbaglia, meglio non seguire le sue indicazioni. Se gli propongo del codice software e gli chiedo di correggerlo, oppure uno spartito e voglio migliorarlo, se la cava, ma dobbiamo correggerlo. Come tutti gli strumenti, vale la regola aurea: quando hai un martello in mano, tutto ti sembra un chiodo. Quindi finché ci volete giocare, nessun problema, ma se volete scrivere un articolo scientifico o diagnosticare un paziente, lasciate stare. Se volete scrivere un articolo come questo, perfetto.

Parlare a ChatGPT è come farlo con un Competente (economista o virologo a piacere): vi risponde al volo con certezza, senza dubbi. Vi fidereste? L’importanza del giocarci, famigliarizzare con questo robottino nel tempo libero, è per prepararci ad averlo poi tra gli strumenti di lavoro. Come reagiamo quando abbiamo uno strumento intelligente da sfruttare per il nostro mestiere?

Da anni vedo che è veramente difficile fidarsi di un robot, anche di fronte all’evidenza scientifica della bontà dei suoi risultati. Tanto con mastri birrai, che non potevano credere all’ottimizzazione della ricetta che gli veniva dall’intelligenza artificiale, quanto con trader che credono di intuire meglio gli andamenti del mercato, quando gli spieghi come ragiona il robot, non si fida nessuno. Molto meglio dirgli che è una scatola nera, ed a quel punto la fiducia si riversa sulle persone che hanno sviluppato il robot, accettandone i risultati senza problemi. Cosa molto preoccupante.

Questo aspetto psicologico è particolarmente curioso, e qui potete vedere come per i consumatori sia sempre più accettabile una decisione comunicata da un essere umano, che non da una macchina, specialmente quando questa è positiva. In pratica, se chiedo un mutuo e mi viene concesso, mi fido e sono contento del risultato comunicatomi dalla persona. Se invece me lo dice un robot, non mi fido e non ci credo. Se invece il mutuo mi viene rifiutato, che sia uomo o macchina mi arrabbio allo stesso modo.

Qualche settimana fa ho proposto dei ritratti stupendi a due campioni variegati: quello cui ho detto che erano fatti da mia figlia hanno reagito in modo empatico e molto positivo, spiegandomi quanto e perché fossero belli. Quello cui ho confessato che erano disegnati da un robot ha reagito con un mix di apatia (“sono disegni carini, ma noiosi”) e negatività (“conosco gente che li farebbe meglio”). Anche per ChatGPT occorre prendere confidenza ed interpretarlo come uno strumento, da usare solo per quanto riesce fare bene, null’altro. Per la fiducia aspettiamo, fino a quando saremo noi stessi a poter costruirci i nostri robottini intelligenti.

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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