Per supportare il necessario lavoro da remoto, dai colleghi che si occupano di connettività a quelli che ci proteggono da hacker ed altri problemi, ogni ente IT al mondo ha dovuto farsi in quattro. Mentre la produttività è rimasta in linea o addirittura cresciuta rispetto al passato, sedentarietà ed isolamento hanno prodotto effetti metabolici e psicologici importanti, peggio che mai sui giovani. Quando a marzo 2020 siamo scappati a casa non pensavamo di starci anni, ora serve organizzarsi per il medio e lungo termine.
Avevo già parlato di marmottismo, quel fenomeno per cui prima i giovani e poi gli adulti preferiscono non accendere il video e starsene invisibili in casa come marmotte nella tana. Tollerabile per pochissime professioni che si possano fare in completa autonomia, per i lavori che richiedono collaborazione ed inventiva la marmotta non funziona. Come immaginare e progettare l’ufficio del futuro, che concili qualità della vita, produttività ed estingua le marmotte?
In primo luogo, occorre pensare a cosa serve andare in ufficio, e provare ad immaginarlo dal futuro riflettendo sulla nostra situazione attuale: cosa ci serve cambiare? Negli ultimi due anni il progresso delle tecnologie digitali è stato notevole su molti fronti.
Da un lato abbiamo i sistemi di comfort management, che sfruttando il controllo di illuminazione, condizionamento, previsioni del tempo e delle tariffe energetiche, consente di vivere in uno spazio con il giusto grado di temperatura, umidità, CO2 e purificazione dell’aria. Questo significa postazioni di lavoro molto più ergonomiche di quanto sia possibile avere a casa, e finire la giornata lavorativa molto meno stanchi di prima. Significa anche un ridotto impatto ambientale e meno smog.
Dall’altro i sistemi di collaborazione e pianificazione, che ci portano ad andare in ufficio solo quando serve e con i colleghi che dobbiamo avere attorno. Questo vuol dire evitare trantran noiosi, viaggiare solo quando necessario e quindi risparmiare in trasporti ed inquinamento. Questi stessi sistemi consentono anche di lavorare solo quando richiesto, ed è più facile ritagliarsi dei giorni interi o delle fasce orarie solo per sé. Pensiamo alla giovane famiglia con bimbi piccoli, che tradizionalmente vive una corsa quotidiana tra asili, nonni, ufficio, traffico impazzito, perché costretta a rispettare le otto ore giornaliere, che già oggi potrebbe avere molta più flessibilità.
Infine, l’avvento delle piattaforme low-code e no-code, che consentono lo sviluppo di minirobot per automatizzare attività ripetitive, dal controllo di qualità del software, alla verifica delle fatture, a mille altre che si possono lasciare in mano ad un robot mentre noi facciamo altro. Come ho ripetuto spesso in questa rubrica, i robot funzionano solo se progettati in ottica complementare alla persona che lavora, ma per sostituirla.
All’inizio della pandemia il 52% dei lavori americani poteva esser fatto da remoto, ed ancora oggi una serie di professioni richiedono contatto e prossimità, pensiamo a cure mediche, turismo, trasporti (si veda qui), ma le nuove tecnologie di tele-diagnostica ed il commercio elettronico cresciuto di quattro volte rispetto all’era pre-Covid hanno notevolmente aumentato la porzione di lavori fattibili da remoto.
L’innovazione tecnologica c’è, ora serve adottarla in modo corretto per migliorare la qualità della vita della persona, siano essi gli aspetti professionale, che di salute mentale e fisica. Chi è diventato marmotta in questi due anni deve ritornare ad una vita serena.