IL Digitale


Quando i cinesi si ribellano

Jack Ma e’ la versione cinese e molto più simpatica di Mark Zuckerberg, come lui idolo di sviluppatori software in patria e tutto il mondo, politico di rilievo in Cina, fondatore della piattaforma di commercio elettronico Alibaba, e con $40 miliardi in saccoccia.

Spesso lo troviamo a Davos e TedTalk dove ci illumina di ottimismo, entusiasmo imprenditoriale, e quel senso di mission che piace tanto a chi fa marketing di unicorn.

Purtroppo negli ultimi giorni Jack l’ha fatta fuori dal vaso, difendendo il famigerato “996”, ossia il comandamento di lavorare dalle 9 del mattino alle 9 di sera, 6 giorni la settimana, e possibilmente senza banfare e col sorriso. Poco alla volta le nuove generazioni di knowledge worker cinesi, che gia’ han raggiunto i colleghi occidentali piu’ ricchi per capacita’ di acquisto, si rendono conto che non hanno una vita decente, al contrario di Jack.

Sulla piattaforma criptata GitHub che il governo cinese non ha ancora fatto chiudere a Microsoft, e’ possibile leggere in 996.icu (da Intensive Care Unit, ovvero rianimazione) una sequela drammatica di esempi di sfruttamento e di propositi di ribellione. Ribellarsi (specie al partito comunista) in Cina e’ mediamente tossico per la salute, ma e’ pur vero che quando i cinesi lo fanno in massa, poi le norme vengono cambiate per mantenere la pace sociale.

Se vediamo come la Cina ha rapidamente investito in energie rinnovabili e trasporti elettrici per venire incontro alle proteste popolari sull’inquinamento atmosferico delle grandi citta’, come abbia interrotto il ricevimento di immondizia e scorie industriali dagli USA per gli stessi motivi, possiamo ipotizzare che vogliano anche ascoltare i loro giovani. La Cina da anni investe molto nell’educazione delle nuove generazioni, con particolare enfasi sulle scienze e tecnologie, per uscire dalla logica di low cost country e diventare un paese ricco al pari degli occidentali.

Se ora Millenial e GenZ si ribellano a seguire gli orari stakanovisti e chiedono un miglior bilanciamento tra vita sociale e lavorativa, il governo cinese deve probabilmente scendere a compromessi, perche’ han messo tutte le infrastrutture informatiche, i sistemi di censura e di controllo, proprio nelle loro giovani mani.

Questo non e’ il momento migliore per emigrare in Cina se si lavora nel digitale, perche’ l’atmosfera e’ tesa e poco incline ad accogliere stranieri. Al contrario possiamo fare il tifo per quei ragazzi, perche’ dalle loro conquiste sociali e da una ridotta concorrenza sul mercato, anche a casa si potra’ stare un pelo piu’ tranquilli.

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Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Pietro Gentile (Torino): bancario, papà, giornalista, informatico
Francesco Rota (Torino): un millenials
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Giancarlo Saran (Castelfranco Veneto): medico dentista per scelta, giornalista per vocazione