IL Digitale


Censura 4.0

Mark Zuckerberg controlla lo scambio di opinioni, idee ed immagini di oltre 2 dei 7 miliardi di persone al mondo, e continua a rifiutare la responsabilita’ di spiegare e controllare come la sua piattaforma impatti la democrazia ed i diritti umani nei diversi paesi.

Dopo aver pagato (poco) schiere di censori che a cottimo filtrano tutti i post possibili per bloccare contenuti taboo, ed aver ammesso che i robot non possono fare questo lavoro perche’ privi di senso comune, ora ha tirato fuori un altro coniglietto bianco dal cappello. Crea un comitato censore (Oversight Board) che avra’ il ruolo di corte suprema a supervisione delle schiere di poveracci che si devono smazzare tutti i post di Facebook.

11 persone all’inizio, che potranno crescere fino a 40 a seconda del volume di censura che Zucki dovra’ gestire, sempre nell’interesse della democrazia e della sua comunita’ di 2 miliardi di persone sparsa nel mondo. Ognuno di questi super censori sara’ responsabile dei post di 3-4 paesi: si cercano persone abili nella lettura veloce. Scontato che il comitato censore sia improntato ai valori americani di liberta’ d’espressione e democrazia, vedremo quanti scandali alla Myanmar contribuira’ ad aiutare.

Zucki, che a 35 anni ha imparato a parlare con i politici in modo convincente, chiarisce fin d’ora che questo comitato censore nascera’ male ma migliorera’ in futuro, e sara’ indipendente rispetto agli interessi economici della sua azienda. Peraltro, non potra’ far altro che raccomandare azioni di miglioramento, perche’ l’azienda Facebook resta indipendente.
Nel far questo continua a sottrarsi dalle sue responsabilita’ di CEO e padrone onnipotente dell’azienda che in effetti controlla buona parte della comunicazione mondiale. Sono ormai 15 anni che si scusa e promette di fare le cose in modo diverso e migliore, ed ancora di recente tra Libra (criptovaluta) e Facebook Dating lancia prodotti di impatto quantomeno dubbio. Ha anche pagato $5miliardi di multa per evitare ai suoi dirigenti di rispondere alle domande degli ispettori governativi.

Par condicio vuole che ricordiamo come Google abbia fatto la stessa cosa con la Corte Europea di Giustizia pochi anni fa, quando costitui’ un altro comitato indipendente che non fece altro che raccogliere una serie di pareri e di lobby opposte alle norme sulla privacy di Bruxelles. Google promise che questo comitato avrebbe guidato l’azienda nel migliorare la gestione della privacy: sappiamo com’e’ andata.

Se qualcuno tra i lettori volesse entrare nel novero dei super censori, i requisiti sono semplici:

  • Esperienza in lavoro di squadra con mente aperta (se avete scelto il colore delle tende in riunione condominiale siete a posto)
  • Capace a prendere e spiegare decisioni basate su policy e standard (se avete la patente e guidate, perfetti)
  • Familiarita’ col digitale ed i principi di liberta’ d’espressione, discorso civile e privacy (il va sans dire)

Finora ancora nessuno s’e’ presentato all’appello: chissa’ perche’?

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In questo numero hanno scritto:

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Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro