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Umorismo vs Woke

La vita è troppo importante per esser presa seriamente, Oscar Wilde

Premessa: 40 anni fa un maestro giapponese mi insegnò che per vivere bene occorre saper prendere in leggerezza le cose serie e, al contrario, impegnarsi seriamente sulle cose leggere. Subito pensai fosse un profondo concetto da samurai, salvo poi scoprire che l’aveva scopiazzato da Oscar Wilde.
Crescendo, specialmente durante gli anni nel Regno Unito, ho avuto modo di apprendere senso dell’umorismo, autoironia e sarcasmo, che sono particolarmente utili nell’affrontare situazioni complesse.  Veniamo ad oggi.

Ultimamente siamo stati colpiti da diverse piaghe, dal terrorismo internazionale, alla pandemia, alla guerra, ma un posto speciale sul podio delle disgrazie è la woke culture: una serie di concetti che vanno dall’infantile all’assurdo, e specialmente non tollerano umorismo, utilizzo del sarcasmo, scherzo, ed in generale del poter pensare con la propria zucca. Woke è la cultura del totalitarismo psicologico, concime della dittatura.

Dai comici che son stati cancellati (temine woke per dire censurati), ai cartoni animati come South Park asfaltati per la loro satira su malattie mentali o razzismo, ai Diversity Officer impiegati nelle università americane per assicurarsi che studenti e professori con la pelle giusta recuperino secoli di oppressioni, è una depressione. Termine che scelgo con coscienza di causa, sapendo che gli amici terapeuti e psicologi lo interpretano sempre in senso clinico, nonostante una depressione leggera possa essere fisiologica. Se fate caso, a parte eccezioni come Ricky Gervais o Dave Chappelle, che se ne fregano del rischio di esser cancellati, tutti gli altri comici si son trasformati in noiosi lettori di storie deprimenti. Non parliamo di Disney, che arriva a cancellare Dumbo e Bambi, immondo.

Se la salute mentale dei ragazzi migliorasse grazie ad una dieta di cancellazioni e correttezza politica, forse ne varrebbe la pena: “basta guardare Bambi, adesso c’è Greta”. Ma è vero il contrario: solo chi impara a ridere di sé avrà un ottimo compagno per tutta la vita, ed abbiamo vasta ricerca scientifica a supporto della tesi che ridere fa bene, per il corpo e per la salute mentale. Son 30 anni che sappiamo come il ridere aiuti stress, depressione ed ansietà attraverso la soppressione di epinefrina, cortisolo e dei metaboliti che catturano la dopamina. Per chi volesse approfondire, qui https://www.jstage.jst.go.jp/article/tjem/239/3/239_243/_pdf e qui https://www.stateofmind.it/2022/02/umorismo-strategia/ .

Umorismo, sarcasmo, metafore assurde ci aiutano sia nel ridere e regolare meglio i flussi ormonali, sia nel riuscire a cogliere una prospettiva diversa delle cose. Quando sappiamo che uno studente su sette (https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/adolescent-mental-health) affronta almeno un forte episodio depressivo nel corso degli studi, spesso causato dall’ansia di prestazione a scuola, non possiamo mettere tutta la scuola sotto una campana di vetro, magari chiudendola o non dando più voti. Il singolo episodio clinico va trattato secondo protocollo, ma il resto della classe, della scuola, va’ incoraggiato a pensare da altri punti di vista, a farsi carico delle proprie responsabilità, e migliorarsi continuamente, facendosi una risata ogni volta possibile. Non si può cancellare un’idea, o un problema, perché significa non discutere, non capire, non cercare le cause: cancellare è infantile, nel senso peggiore possibile.

Quindi, se volete due buoni motivi per sputare in un occhio ai woke, eccoli: da un lato sono deprimenti, dall’altro rovinano i ragazzi. Da bravi lettori di Zafferano avete capito che “sputare in un occhio” è una metafora visiva, non incitazione alla violenza. 

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro