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Il nodo Covid resta nel pettine

Sabato scorso abbiamo visto tutte le magagne della malagestione Covid, improntata più al totalitarismo che a prendersi cura della popolazione dal punto di vista clinico. 

La nefandezza peggiore, oggi, è la cortina fumogena e mancanza di investimenti sull’analisi e cura del Long Covid: non solo la mortalità è in aumento, ma il numero di persone che fatica a recuperare, o resta disabile dopo la guarigione dal virus, è drammatico. Questa settimana entriamo in un'altra ferita che sembra sfuggire ai media mainstream: il danno nell’apprendimento degli studenti dovuto a lockdown e studio da remoto.

A maggio Harvard e Dartmouth University avevano presentato i risultati dei loro studi sui test NWEA, che studenti di medie e superiori fanno ogni anno per controllare l’effettivo apprendimento. Guardando le performance di due milioni di studenti prima, durante e dopo il Covid, ovvero alunni da oltre diecimila scuole in tutto il paese, i ricercatori hanno analizzato l’effetto della docenza in aula, da remoto, ed ibrida. Quando è arrivato il lockdown, le scuole private son state prese d’assalto dalle famiglie ricche, perché erano libere di continuare l’insegnamento in classe: ho visto rette annuali aumentate a $50.000, tanta era la domanda in tutto il paese. Le scuole pubbliche si distinguono tra quelle in quartieri benestanti, che hanno fatto lockdown e poi han mitigato con l’ibrido, e quelle in quartieri poveri che, mancando degli strumenti digitali necessari, han fatto solo lockdown fino alla fine.

Questi i risultati: i ragazzi delle private han perso l’equivalente di una settimana di insegnamento nel trambusto organizzativo, quelli delle pubbliche ricche 13 settimane, per quelle povere siamo a 22 settimane perse, buttate nel ces-tino. Per darvi un’idea di come si recuperano 13 settimane, serve un insegnante specializzato che prenda quattro studenti alla volta, e per l’anno accademico successivo lavori con loro tre volte alla settimana per due ore. Questo sforzo è improponibile, a causa del numero enorme di studenti impattati: non abbiamo gli insegnanti. In un paese già caratterizzato da fortissima divisione tra ricchi e poveri, l’uso del lockdown per il Covid ha esacerbato la differenza storica.

Per me resta un mistero che pubblicazioni di maggio (questa a maggior circolazione) siano rimaste nell’ombra fino ad ora, quando i Competenti hanno finalmente deciso di confessare le magagne. Ma da dove viene questo fallimento nell’educazione dei ragazzi?

Oltre all’ignavia di chi avrebbe dovuto pensarci in tempo e non ci pensa ancora oggi, e la prova sta nell’aver fatto poco o nulla per ventilazione e purificazione dell’aria nelle classi, il problema deriva dalla comunicazione errata che ci è arrivata dai Competenti. Come ripreso di recente anche su British Medical Journal (qui, grazie a Cinzia), l’insistenza di CDC, WHO ed altri enti nazionali a dirci che il covid non era airborne ha fatto la frittata. Tutti a mascherarsi, disinfettare le superfici, star lontani due metri, quando al contrario avremmo dovuto stare all’aperto il più possibile e curare la ventilazione delle aule, come avevate letto su questa rubrica quando raccontai come nel 1908 a New York tutte le classi vennero portate all’esterno per combattere l’influenza.

Ora, nel 2022, sembra siamo collettivamente stupidi, incapaci di imparare dai nostri errori e dalla storia: si riaprono le scuole senza che nulla sia stato fatto per aerazione e purificazione dell’aria, si chiede agli studenti di tener sempre la maschera in aule chiuse, si chiede ai genitori di rifare i vaccini una quarta e quinta volta pur avendoli provati solo sui topini, e non pensiamo a valutare costo e benefici di queste politiche. Ce ne accorgeremo tra un anno, ai prossimi test, quando avremo marmotte al posto dei nostri ragazzi.


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