I pittori fiamminghi facevano a gara nello studiare, in termini socio-pittorici, le feste popolari, le sagre, le grandi mangiate del popolino. Campavano dipingendo i banchetti della nobiltà, anche se l’impronta culturale era ancora contadina. Il cibo dei banchetti veniva consumato, e pure “ri-consumato”, seguendo criteri molto simili al riciclo dei cibi dei ricchi d’oggi. Per intenderci alla Massimo Bottura, un genio, non solo del marketing culinario, ma della comunicazione woke. Il peggio noi lo raggiungeremo presto, obbligati a mangiare i cibi chimici di Bill Gates e di quel “diavolo” di Klaus Schwab. Costui, che formalmente è un costruttore di eventi, per noi vecchi è una terribile minaccia di morte: sostiene che i non degni, debbano morire a cavallo dell’età della pensione, perché, dice lui, siamo troppi.
Di uno di questi banchetti antichi penso di saperne molto. Conosco nei minimi dettagli il quadro: “L’udito, il tatto, il gusto” di Jan Brugel il Vecchio perché uno dei privilegi che ho avuto come CEO di una multinazionale potente è stato quello di essere accompagnato in una visita solitaria al Prado (era giorno di chiusura) da un celebre critico madrileno, che lo vivisezionò per me.
E’ una sintesi superba di “storia dell’arte - storia della vita – storia della gastronomia”. Il cibo è stato un grande diffusore di cultura, ce lo ha insegnato Pieter Bruegel il Vecchio, non solo capostipite della sua famiglia allargata, ma genio assoluto della pittura europea del secondo Cinquecento. Così i suoi figli Pieter il Giovane e Jan il Vecchio, detto il Bruegel dei velluti, vissuto a lungo in Italia (devo queste chicche al collega svizzero Salvatore Maria Fares, grazie!).
Tornando al quadro, “udito, tatto, gusto” trovano la loro sintesi in una serie di simboli e di allegorie che ne fanno un’opera elegante, trasgressiva, al limite dell’erotismo, ricca di peccati di gola (al tempo, era l’unico tollerato dalla Chiesa), che ne sottintendono altri, ben più corposi.
Bene, il banchetto (virtuale) con i lettori è avvenuto. Ora voglio festeggiare il mio compleanno, in privato, solo con mia moglie. E allora mi ispiro, rimanendo sempre nel perimetro della famiglia Bruegel, a Pieter il Vecchio, con il suo “Lotta fra Carnevale e Quaresima” , Kunsthistoriches Museum, Vienna. Riflettendo, mi pare però di essere ancora, almeno per me, a un livello sociale troppo alto. E poi c’è il contesto dell’oggi. Non possiamo dimenticare che quelli al potere fino a ieri, per darsi un contegno chic, devono tener viva la minaccia di un ritorno in forze della Pandemia. (Un ricordo indimenticabile di quel periodo nazi-comunista: la ricca vedova del terzo piano, perdutamente innamorata dell’emaciato ministro, che si rifiutava di prendere l’ascensore con me, notoriamente super vaccinato e doppia maschera, chirurgica e FPP2, reo, nei miei Camei, di non parlare mai di Pandemia).
Che fare, tenendo conto del contesto? Preso atto che la notte del mio compleanno, secondo gli eschimesi è quella dal buio più prolungato, devo ispirarmi necessariamente al quadro popolaresco “Banchetto di nozze” di Pieter Bruegel il Vecchio, sempre al Kunsthistoriches Museum, Vienna. Devastante il primo impatto dei due energumeni che portano il cibo, usando uno squallido asse di legno a mò di vassoio, a due squallidi sposini, vestiti, si fa per dire, con l’abito della festa. Che cibo? La polenta, of course.
Da anni la nostra vita civile è immersa nel bruegheliano Inverno della Polenta. E così sia. L’amico Federico Lanteri, della Trattoria Martini di Pigna ci preparerà una sontuosa polenta con baccalà alla ligure: sarà il nostro banchetto, di una sola portata, lui il nostro Bottura (nell’alta cucina povera gli è nettamente superiore!). Quel giorno, un pensiero devoto andrà ai lettori, ormai amici di una vita. Prosit!