Spiega la ricercatrice: “Le aste sono ancora una risorsa chiave per analisi micro, per vendite e valore basati sulle transazioni … ci sono poi sfide continue nella valutazione del settore dominante del mercato: quello privato di dealer, gallerie e vendite private delle case d’asta. Data l’importanza delle vendite private, io mi baso sostanzialmente su survey, sondaggi, test sul sentiment e altri metodi di ricerca qualitativa, accanto all’analisi quantitativa. La qualità delle survey è ampiamente migliorata e il settore del commercio d’arte ha iniziato a impegnarsi davvero e più pienamente in questo sforzo di raccolta di dati, anche perché si è reso conto di averne bisogno”.
E Noah Horovitz riguardo alla Biennale risponde: “La 60. Esposizione Internazionale d’Arte tornerà di certo a offrire fondamenta essenziali e opportunità per nuovi dialoghi cross-culturali e nuove scoperte che emergeranno. Il tema curatoriale di Adriano Pedrosa, 'Stranieri Ovunque', con il suo focus su artisti e artiste queer, outsider, indigeni e folk potrebbe lasciare un profondo impatto sul dibattito culturale globale e credo sia inevitabile che alcune nuove stelle nasceranno”.
Non metto in dubbio la serietà dei due stimati professionisti ma personalmente sono agghiacciata. Se ben ricordo, però, Jean Baudrillard ne La sparizione dell’arte (1988) afferma che lamentarsi della commercializzazione dell’arte e della mercantilizzazione dei valori estetici è un vecchio e ritrito ritornello borghese e che bisogna invece preoccuparsi assai di più dell’estetizzazione generale delle cose: “Molto più che la speculazione mercantile bisogna temere la trascrizione di tutto in termini culturali, estetici, in segni museografici”, perché la nostra cultura dominante è diventata un’immensa impresa di stoccaggio estetico, e ogni cosa anche banale sacralizzata nei musei come nei detriti, sui muri o nelle strade.
E allora, visto che l’estetizzazione del mondo è totale perché scandalizzarsi della freddezza dell’approccio economico al mondo dell’arte? Heidegger ha ben detto che il tuffo nella banalità era la seconda caduta dell’Uomo, quindi il suo destino moderno.