Pensieri e pensatori in libertà


Grossman, Putin e il nazi-comunismo

Una delle curiose vicende linguistiche di questa tragica guerra provocata dall’invasione russa dell’Ucraina è lo scambio di epiteti e di giudizi sui governi russo e ucraino. La questione ha un risvolto importante per tutti e c’entra con la grande intuizione di Vasilij Grossman, ebreo ucraino di lingua russa, morto nel 1964 e autore di Vita e destino.

Putin, infatti, dice di invadere l’Ucraina, tra le altre cose, per “de-nazificarla”. A Kiev sarebbe seduto un governo filo-nazista. Del resto, Zelensky, ebreo ucraino di lingua russa a sua volta, non fa che ripetere che Putin sta invadendo l’Ucraina come fecero i nazisti e li ha accusati di voler compiere una “soluzione finale”, termine che non è affatto piaciuto alla Knesset, il parlamento israeliano. Ma è curiosa del resto anche l’incertezza di giudizio dei commentatori nostrani e, in chi si schiera per appartenenze e non per ragione, dei vari gruppi e associazioni. Il dibattito sull’equivalenza tra resistenza italiana e ucraina è mosso in fondo da questa stessa incertezza: gli ucraini stanno resistendo ai nuovi nazisti? Putin è il nuovo Hitler, fissato con lo spazio vitale della sua razza? Ma non è l’erede di Stalin? È il frutto del comunismo o dell’estremo nazionalismo nazista?

In effetti, Putin si richiama alla storia del suo Paese, nella quale tira una linea di continuità tra Pietro il Grande, Stalin e sé stesso, con molte critiche a Lenin, ma non certo per i morti delle sue repressioni quanto piuttosto per aver creato il federalismo del quale si è giovata l’Ucraina. D’altronde, è vero che in Ucraina esiste il battaglione Azov, con tendenze neo-naziste, che non è stato espulso dall’esercito, ma è anche vero che tutto l’area di estrema destra ucraina ha raccolto il 2% dei voti alle elezioni e ha eletto un solo deputato.

Come la mettiamo allora? Dove sono i nazisti e dove sono i comunisti, come celierebbe Giorgio Gaber se la situazione non fosse così tragica?

Nel 1960 Grossman aveva finito il suo romanzo Vita e destino, che fu requisito dal KGB perché in esso si trova una scena in cui il comandante del lager nazista dice al prigioniero di guerra comunista, antico amico e compagno di Lenin, che i loro due sistemi sono uguali. E il vecchio comunista, pur torturandosi interiormente, sente che il suo interlocutore ha ragione. Sia Grossman sia Hannah Arendt hanno spiegato bene dove sta il trucco. Chiamateli come volete, ma ciò che conta sono le caratteristiche dei sistemi: il culto del capo, l’onnipotenza dello Stato, la coincidenza Stato-partito, un sistema deduttivo di idee, propaganda continua, controllo dell’informazione con menzogne di Stato, sistema di polizia segreta, violenza fisica e tortura, delazione autorizzata a ogni livello, disprezzo della libertà individuale.

Nell’incredibile dialogo il comandante nazista spiega: “E se anche vinceste voi, noi saremmo spacciati, sì, ma continueremmo a vivere nella vostra vittoria. È una sorta di paradosso: se perdiamo la guerra, la vinciamo e ci sviluppiamo in un’altra forma pur conservando la nostra natura” (VD, 378). Già il problema non è nel nome: le caratteristiche erano comuni ai sistemi ideologici dei due tipi e non è strano che essi si trovino congiunti nella forma putiniana.

E Zelensky? E noi occidentali? Siamo anche noi in un regime del genere, come sostiene Ruggeri con il suo termine liberal-nazi-comunista? Certo, alcune caratteristiche lo fanno pensare: per esempio, l’immensa propaganda woke sui temi che devono diventare main stream, la cancel culture che accetta e ricorda molto la politica della delazione. Ma siamo lontani da altre caratteristiche, come l’uso sistematico della violenza della polizia segreta o il controllo assoluto dell’informazione (finché c’è Zafferano.news, almeno!) o il culto del capo. Soprattutto, siamo lontanissimi da un sistema deduttivo di idee. Anzi, a essere sinceri, abbiamo il problema opposto: le idee sembrano latitare. Insomma, non è impossibile l’evoluzione totalitaria nazi-comunista anche del liberalismo, come dimostra il diffuso apprezzamento per il sistema cinese, ma le differenze di grado per ora ci sono e sono rilevanti: sarà meglio tenerci stretta la limitata libertà che abbiamo.


© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata