In vista dell’attacco all’Ucraina, anche Putin ha iniziato a disseminare di firewall la rete per isolarsi dal resto del mondo, e quando in Europa s’è cominciato a parlare di oscurare siti come RT e Sputnik lui ha reagito chiudendo l’accesso alla BBC Russia, Voice of America, Deutsche Welle ed altri ancora. In pochi giorni i cittadini russi si son trovati fuori da internet, e possono vedere e sentire solo quello che vuole il loro Presidente, oppure usare la radio dei loro nonni per ascoltare la BBC.
In Russia esistono ancora due testate indipendenti, Telegram, TikTok e YouTube funzionano, ma con il rischio di 15 anni di prigione se qualcuno pubblica articoli non graditi al Cremlino, è chiaro che i giornalisti investigativi devono muoversi con passo felpato. Anche le Virtual Private Network, quelle VPN che secretano il traffico dati e normalmente si usano per accedere a contenuto proibito, sono state rese illegali: vediamo se la popolazione si ingegna ad aggirare i firewall o preferisce lasciar perdere.
Oltre al patimento globale della libertà di stampa e parola che questo conflitto produce dall’una e dall’altra parte, con la conseguenza di allontanare la necessaria riconciliazione e quindi l’abbandono delle armi, questi tentativi di isolare parti di internet rischiano di portare alla sua fine prematura. Finora Cina, Iran, Russia hanno usato la stessa tecnologia di tutti, ma si rendono conto che i firewall, come ogni linea Maginot ed ogni Grande Muraglia, durano poco: bucare un muro è sempre fattibile, sia esso in pietra e largo dodici metri o pieno di circuiti e codici sofisticati. La logica conseguenza è che cominciano ad introdurre tecnologie proprietarie, incompatibili con quelle in uso.
ICANN è l’ente non governativo che controlla i domini e quindi gli accessi ad internet, ed ancora di recente ha bocciato la richiesta ucraina di sospendere l’accesso russo. Per fortuna, perché lo scopo di quest’organizzazione è proprio fare in modo che la tecnologia raggiunga tutti e funzioni, non immischiarsi in beghe, guerre e richieste di censura. Il fatto è che come altre organizzazioni che hanno a cuore il funzionamento di internet, ogni decisione richiede tanto tempo perché funziona solo quando tutti i partecipanti concordano. È come la scelta del colore delle tende in un condominio, un dolore infinito.
Ed ecco che il rischio diventa realistico: quando Cina, Russia, Iran e magari qualche altro stato non allineato con l’impostazione occidentale, creassero organizzazioni parallele ad ICANN e cominciassero ad introdurre nuovi protocolli di comunicazione e regolare diversamente gli indirizzi IP (l’indirizzo del vostro computer) e DNS (domain name servers, le macchine che identificano chi è chi), l’internet come lo conosciamo oggi crollerebbe.
Uno scenario del genere metterebbe in ginocchio tutte le multinazionali digitali che si fondano sulla rete globale, da AWS a Github a quelli che usate giornalmente. Se avete notato, di recente a Bruxelles il genio di turno ha pensato di chiedere che tutti i dati dei cittadini europei siano conservati solo all’interno dei confini fisici dell’unione. L’iniziativa ha reso felice Putin, pronto a far lo stesso col suo popolo, e fatto venir una sincope a Google e Facebook che han chiesto a Washington di intervenire prontamente.
La decisione di chiudere Internet non sarà solo l’effetto di una particolare tecnologia innovativa, ma la scelta criminale o veramente maldestra dei politici, quelli pronti a sacrificare i diritti fondamentali per avere maggior controllo e potere. Un Internet come lo conosciamo oggi ha aiutato ed aiuta milioni di persone ad uscire dalla povertà, ad accedere all’educazione e sanità, a rendere possibile il governo della gente e per la gente con una comunicazione libera. Ogni volta che sentiamo qualcuno blaterare di protezione da fantomatici rischi per giustificare censura e limitazioni di Internet, vediamolo per quello che è: un falso.