Nel contempo, tacciono gli “scienziati del virus” che cominciano a rendersi conto che il combinato disposto “crisi energetica-transizione ambientale-inflazione-guerra ucraina” spazzerà via il virus e i suoi ammennicoli, rendendoli obsoleti. E lor signori perderanno la possibilità di continuare a impazzare sui palcoscenici mediatici a favore di nuovi pseudo scienziati della guerra.
Arriveranno i grandi cacciaballe della storia: la politica estera, essendo gestita dai servizi segreti e dalle ambasciate, è sommatoria, in termini di comunicazione, di menzogne e fake news di Stato, tutte in purezza, come è sempre stato a partire dai Sumeri.
Sarei felice se invece, finalmente, si aprissero ampi spazi mediatici per gli specialisti della prossemica, lo studio dei segni del corpo, un mondo che mi pare lontano dalla virologia.
Il mio consiglio amichevole ai virologi è: scomparite dai media, tornate nei vostri reparti e laboratori, rimettetevi a studiare, pubblicate sulle riviste scientifiche, così aumenterete il vostro “H index” che, diciamocelo, noi abbiamo fatto finta di nulla ma per la maggior parte di voi era molto scadente rispetto all’arroganza del vostro linguaggio, quello del corpo compreso.
Oggi, dobbiamo tornare umani per cui abbiamo bisogno di questa branca della semiotica, che E.T. Hall nel mitico 1968 ha chiamato prossemica (scrive la Treccani: “…studia il significato assunto dalla distanza che l’individuo frappone tra sé e gli altri e tra sé e gli oggetti …”).
Per tornare umani dobbiamo passare dall’attuale prossemica del contagio al ritorno alla cultura del contatto, che connota il nostro essere, attrezzato per praticare sia l’amicizia, sia l’amore. Si estrinseca nell’abbraccio e nel bacio, senza più permettere alcuna intermediazione di osceni condom artificiali o politici.
Certo, anche i boomers, nella loro giovinezza-maturità, hanno dovuto superare la crisi prossemica dell’AIDS, indossando osceni condom plastificati, ma mai hanno dovuto rinunciare agli abbracci e ai baci, come è stato per il Virus di Wuhan. La zona di riferimento era infatti molto lontana dal viso, si trovava in una periferia giudicata, al tempo, poco nobile.
E’ appena uscito il libro “Baciarsi” di Elisabetta Moro e Marino Niola, accademici, una di antropologia culturale, l’altro di antropologia dei simboli. Libro utilissimo, specie per tutti noi della plebe, che abbiamo vissuto due anni connotati dalla contenzione al baciarsi, stabilito da osceni DPCM. Strutturati in termini così feroci che alcuni l’hanno vissuta come se fossero in presenza del noto contrappasso medioevale “se non rispetti le leggi del tuo padrone ti ammali e impesti gli altri”. Un mondo Cancel&Woke in purezza.
Anche il bacio ormai era diventato pericoloso, quindi da vietare. Come scrivono Moro e Niola “il bacio si salda con il mondo delle malattie infettive, producendo un corto circuito epidemico che accosta il male fisico e psichico a quello morale. Baci e bacilli si uniscono con l’effetto di ammaliare e di ammalare la vittima”. Come dirlo meglio?
Nella vita di ciascuno di noi c’è un periodo sciagurato in cui siamo portati ad esaltare e ad imporre la nostra ignoranza, convinti che sia competenza. Prosit!