La storia raccontata da “Tutto il mio folle amore” aveva già bucato lo schermo in tempi non sospetti, sulla scorta della vicenda narrata da Fulvio Ervas in “Se ti abbraccio non avere paura”, ovvero il viaggio in moto nelle Americhe compiuto da papà Franco Antonello e il figlio Andrea. Ma qua non c’entra il fascino emanato dal rombo dell’Harley Davidson o dai paesaggi western, era un viaggio di scoperta interiore tra un padre e il figlio, colpito da quello strano filtro che si interpone con la realtà rappresentato dall’autismo. Nove traduzioni per centinaia di migliaia di copie.
Ma il vero botto è avvenuto dopo, con l’intervista di otto pagine pubblicata da Stefano Lorenzetto su Panorama. “Lì pare il mondo si sia finalmente accorto di noi, della vera essenza di come sono cambiate le nostre vite, prima ancora del viaggio raccontato nel libro, ma nei duri anni in cui, con la nostra famiglia, ne abbiamo prima dovuto prendere atto, e poi rispondere a questa sfida con cui il destino ci ha voluto mettere alla prova”. Per chi non avesse ancora letto il libro, il film, in uscita nelle sale il prossimo 24 ottobre, rappresenterà un’immersione in sensibilità ed emozioni tutte da scoprire. Ma poi vi è la realtà quotidiana. Quelle delle decine di migliaia di famiglie che, in tutta Italia (e nel mondo) devono convivere con questo dramma, troppo spesso nascosto, o per pudore o per l’insufficienza di mezzi che possano aiutare a gestirlo con maggiore serenità. Ed ecco scendere in campo quel dietro le quinte che il film dà l’occasione di conoscere.
Papà Franco Antonello (un pioniere della moderna comunicazione nazionale) nel 2005 fondò I Bambini delle Fate, un’organizzazione no profit, per cercare di aiutare le famiglie che, come la sua, avevano storie di autismo protagonista. All’inizio, era un piccolo ufficio, con tre collaboratori. “Poi, grazie anche a quella magica intervista, si sono aperti percorsi nuovi, con le diverse opportunità che siamo riusciti a mettere in cantiere”. Un caleidoscopio straordinario, a partire dalla Banca del tempo. Ovvero sinergie con le diverse onlus sparse lungo la penisola, capaci di presentare progetti che meritavano un sostegno. “Noi non entriamo nella lotteria del 5 x 1000. Non chiediamo “elemosina” a spot, ma un impegno concreto, di chi si voglia affiancare a noi nel sostenere dei progetti. Con una partnership di continuità, nel tempo. La cifra è una conseguenza”. Hanno “firmato” il contratto di questa sfida, sinora, oltre cinquemila privati cittadini e mille imprenditori. Ecco allora che, ad esempio, la Banca del tempo, ha “dieci filiali” sparse nel territorio, che, a loro volta, sostengono oltre una settantina di progetti. Varie le possibilità. Piccoli premi (sottoforma di buoni per acquisto libri) a quei ragazzi che si prendono l’impegno di seguire con regolarità alcuni loro coetanei, così come un riconoscimento viene dato ai tutor che forniscono loro adeguata formazione. Alcuni progetti vanno oltre la semplice assistenza, con l’obiettivo di far vivere una vita quanto più possibile normale, compreso l’inserimento in attività di lavoro. Ecco quindi sorgere il primo albergo etico, in Sicilia, o la raccolta di ortofrutta presso una specifica cooperativa agricola nel trevigiano.
Ma, grazie alla visione imprenditoriale di papà Franco, e alla solida struttura da lui creata (che ora ha raggiunto i 22 collaboratori fissi, oltre ai 12 territoriali e alle 50 “Fate” volontarie, ovvero le cinghie di trasmissione con i vari “azionisti”) I Bambini delle Fate è andato oltre. Se un’azienda s’impegna con una certa cifra, può utilizzare il brand dell’associazione per promuovere alcuni suoi prodotti. E’ avvenuto già con marchi importanti nel settore calzature, giochi per bambini, e altri sono in dirittura d’arrivo. “Noi non chiediamo nessuna compartecipazione agli utili, nel caso vi siano boom di vendite. L’azienda si assume tutto il relativo rischio d’impresa. Ma sappiamo anche che, attraverso i prodotti da loro scelti con questa mission specifica, le storie di Andrea e di tutti i ragazzi come lui, escono dal recinto di quei tabù di cui si parla sottovoce, ma diventano condivisione, progettualità concreta”. E forse non è un caso che, proprio in queste settimane, un prestigioso birrificio artigianale triestino “Cittavecchia” abbia voluto inaugurare una nuova linea, ovvero “Andre”, un’ambrata che riporta sull’etichetta un piccolo tratto grafico opera di Andrea (che, tra l’altro, ha un piacevole talento artistico) e la loro moto, teoricamente in viaggio verso percorsi infiniti. Per chi, alla fine di questa lettura, volesse saperne di più ... https://www.ibambinidellefate.it/