IL Cameo


Non si sostituisce qualcosa con niente

Non si sostituisce qualcosa con niente

Zafferano.news ha compiuto 6 mesi, a Pasqua smetterà di prendere il latte materno, sarà svezzato. Zafferano è un’utopia, come per tutte le utopie, la sua sopravvivenza è affidata al nostro lavoro e ai nostri sogni. Li ha e li avrà.

Il compito di Zafferano è stato quello di creare una specie di bocciofila culturale ove persone perbene si scambiano idee, sogni, successi, a volte amarezze, senza pretendere nulla in cambio. Siamo individui di diverse estrazioni, lavoriamo, leggiamo, riflettiamo, viaggiamo, scriviamo, tranquillamente cii avviciniamo, tranquillamente ci possiamo allontanare. Zafferano è l’opposto di una setta. Nella bocciofila si entra se sono comuni i valori umani e identica l’ansia di studiare, di apprendere, di essere liberi, tutto il resto (politica e religione in primis) sono fatti personali.

Nulla a che fare con Monte Verità 1900. Quelli erano “sessantottini”, 68 anni prima del Sessantotto, e dev’essere loro riconosciuto che seppero anticipare alcuni eventi: il morso della mela di Steve Jobs, la religione (folle) della decrescita felice, il cibarsi a km zero. Erano degli strambi “balabiòt, un pizzico anarchici e un pizzico teosofi, dal sesso mai risolto forse proprio perché, furiosamente, lo praticavano. E nulla a che fare con il “Burning man” dove i nerd di Silicon Valley vanno ad accendere falò nel deserto del Nevada, giocare a fare gli artisti maledetti, in realtà si limitano a stordirsi con alcool, droga e sesso. E il lunedì mattina tornano banali schiavi delle felpe.

Il Sessantotto si inventò uno slogan geniale “Fate l’amore, non la guerra” che, come disse l’immenso Allan Bloom, è ingiunzione facilissima da realizzare, oggi si direbbe populista, rispetto all’ingiunzione vera, alta, “Ama il prossimo tuo” che avrebbe dovuto stare alla base del vero cambiamento. “Fare l’amore” è un atto facile da compiere, e se hai ormoni in eccesso pure piacevole. E poi, quella sessantottina fu la prima rivoluzione fatta in diretta tv. Era l’épater le bourgeois autorizzata, per gioco intellettuale, dalle stesse élite borghesi e loro (gli studenti) erano autorizzati a bigiare la scuola (come oggi Greta). Ma ogni sera, dopo aver fatto la rivoluzione, tornavano nell’accogliente palazzo del XVI°. “Ama il prossimo tuo” è ben altro.

Oggi lo slogan che sta prendendo forma è “Per attraversare l’oceano della vita usa la barca a vela, e non il kerosene”. Il bello della comunicazione alternativa di oggi è che lo slogan è già evaporato, appena si è passati alla fase di execution. “Per andare a ricuperare la barca a vela due persone dovranno volare a New York, provocando il doppio di emissioni, di quelle risparmiate”.

Al di là di queste ridicole operazioni markettare , è però evidente che sul tema dell’ambiente dobbiamo uscire dall’inghippo in cui ci siamo messi. Gli scienziati dell’ambiente sono spaccati: la quasi totalità (ONU in testa) sostengono che “sia l’uomo all’origine del riscaldamento climatico”, una minoranza di loro sostiene invece che “le cause vadano ricercate altrove”. Che fare? Scommettere sulla tesi maggioritaria? Non sarebbe corretto perché nella scienza la verità di una tesi non dipende dal numero dei suoi aderenti (Galileo Galilei docet). Io però, a titolo personale, ho deciso.

Da ex manager esperto di crisi aziendali ho scelto di assumere per vera quella della maggioranza degli scienziati: 1. Il riscaldamento esiste; 2. E’ causato dall’uomo; 3. Deve essere contrastato. Rifiuto però tutti gli aspetti markettari, quali i grandi progetti “volontari” che non hanno dato e mai daranno risultati concreti, da Kioto a Parigi, i summit, le sfilate, le campagne di stampa, il bigiare la scuola, le chiacchiere. Mi concentro solo su: Ambiente = Execution.

Quindi dobbiamo partire dal primo attore di questa guerra, il consumatore (il suo profilo dovrà essere ridisegnato completamente, e sarà molto diverso da quello propinatoci finora dal Ceo capitalism), e di uno degli inquinanti principe di quest’epoca, il kerosene. Casi osceni, come quelli annuali di Davos, ove la “gauce kèrosène” per parlare di lotta all’inquinamento (sic!) produce quantità industriali di CO2, non dovranno più accadere.

Le nostre priorità dovranno essere execution e risultati (e i risultati devono essere a breve, altrimenti sono sogni) così come il riposizionamento del nostro modello culturale, quindi politico economico. Sapremo uscire dalla schiavitù del Pil e dell’ambaradan che ne seguirà? La tecnologia quanto ci aiuterà? Avremo la capacità culturale e pratica per assorbire i costi sociali derivati? Perché questo significa execution.
D’altra parte, non si sostituisce qualcosa con niente.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Silvana Ambrosiani (Milano): manager
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Giancarlo Saran (Castelfranco Veneto): medico dentista per scelta, giornalista per vocazione
Patrizio Suntas (Porto di Golfo Aranci, Olbia): pescatore e cuoco