È la traccia di Les contes d’Hoffmann musicati da Offenbach, compositore notissimo per le operette e che con questo lavoro sviluppò il suo progetto più ambizioso (che lasciò incompiuto): il misurarsi con la stesura di un’opera vera e propria, di ampio respiro e gran varietà stilistica in cui si alternano momenti musicali comici e amari.
Nella trama dell’opéra-fantastique, tre figure femminili emergono dal passato del protagonista e una di queste, dall’aspetto di una donna, è in realtà un automa creato da uno scienziato. Si chiama Olympia ed è personaggio centrale nella storia. Pare perfetta ma è un inganno, una macchina senz’anima che rappresenta l’illusione e la superficialità; Hoffmann si ostina a vederla come una donna vera, per lei si strugge e si illude fino a che non vedrà la bambola andare in pezzi.
La figura dell’automa solleva domande sull’identità, sulla vita e sull’anima inducendo lo spettatore a interrogarsi sulla natura dell’esistenza umana. Il contrasto con l’apparenza è ben evidenziato dalla musica; melodie semplici e piacevoli son talvolta rese impervie (all’esecuzione e all’ascolto) da fioriture musicali aggiunte proprio per spezzare la linea del bel canto e renderlo, a tratti, stridulo e meccanico.
L’effetto è comico ma spinge alla riflessione così come l’epilogo dell’opera: al termine dei suoi racconti Hoffmann crolla ubriaco e Stella gli sfugge ancora. A riapparire al poeta è la sua Musa che gli consiglia di abbandonare le illusioni d’amore e dedicarsi solo a lei (e quindi alla poesia) per ritrovare serenità.
Il poeta acconsente e il sipario si abbassa.
Nota finale: la strumentazione fu completata dopo la morte di Offenbach (1880) dal compositore Ernest Guiraud e l’opera andò in scena nel 1881 a Parigi con grande successo.
Molto rappresentata in questi ultimi anni, Les contes d’Hoffmann è l’opéra-fantastique con la quale La Fenice di Venezia inaugura la stagione 2023/24.