Levy, come massimo esperto del pensiero di Friedrich Nietzsche (tradurrà la sua opera omnia in 14 volumi in inglese e parteciperà alla sua edizione nel Regno Unito), con un tono al contempo veemente e pacato, impartisce a Hitler una lezione sul pensiero di Nietzsche (del quale i nazisti si erano impossessati). E invita perentoriamente lui e i suoi compari nazi a lasciare il “giardino” di una filosofia che loro non avrebbero mai potuto capire!
La frase finale di commiato di Oscar Levy è superba “Quando abbandonerete il nostro giardino, Herr Hitler, lo farete in pace e immune dalle nostre maledizioni e urla di vendetta. Noi non vogliamo la vostra vita, vogliamo semplicemente che ve ne andiate. Ma dovete farlo! Mein Führer, posso accompagnarvi alla porta?”
La frase chiave della lettera per me è però un'altra. Questa: “ … come voi sapete, e dite bene nel Mein Kampf , la propaganda deve essere limitata e insensata per avere un successo sorprendente fra le masse”. Una “propaganda limitata e insensata” è stato il vero lascito politico-culturale di Hitler. Se ne sono impossessati tutti i regimi successivi, vuoi criminali, o totalitari, o democratici, vuoi di destra, di sinistra, di centro, e questo modello è tuttora dominante. Lo abbiamo visto anche nel caso Hamas-Palestina-Israele. Siamo stati e siamo tuttora immersi in una orrenda propaganda, “limitata ma insensata”.
In lingua italiana, questa lettera la trovate solo su un libricino pubblicato in Canton Ticino (Edizioni Casagrande) insieme alla famosa “Lettera Gemlich” (16 settembre 1919) che Hitler soldato inviò al suo superiore gerarchico, Adolf Gemlich appunto, per illustrargli “l’avversione di ampi settori popolari verso l’ebraismo” sulla cui analisi da parte dell’Esercito non era d’accordo. Lui era molto più radicale. Sosteneva che “l’antisemitismo come movimento politico non deve e non può essere determinato da moti emotivi, ma dalla conoscenza dei fatti”. Che poi li sintetizza in tre punti. Più che fatti, paiono, e lo saranno, sentenze. Saranno la traccia del Mein Kampf.
Leggendo questo libretto rosso (74 pagine, 12 franchi) capirete dell’antisemitismo molto di più che non della caterva di articoli, pseudo manifesti, reportage, libri, interviste, talk show, documentari, film, dai quali dal 7 ottobre siamo invasi. Non sono certo tutte “fake news”, ma tutte sono “fake truth”, perché qualcosa ci viene o nascosto o manipolato, cambiandone segno e significato (propaganda in purezza).
L’antisemitismo lo trovi non solo nel mondo islamico, non solo nelle ideologie sunnite o sciite, ma in tutte quelle occidentali, dal nazismo, al fascismo, al comunismo, al maoismo, al liberalismo, al recentissimo cancel-wokismo. Lo trovi fra i poveri, lo trovi nell’Accademia, e pure nei banchieri, nelle periferie, nelle zone residenziali, nelle ZTL. Un’oscena chicca! In Germania (sic!), la direttrice di un asilo ha chiesto di cambiare il nome “Anne Frank” per darne uno nuovo “più adatto ai bambini e che non urti la sensibilità dei loro genitori”.
L’antisemitismo è un virus pestifero, per ora, senza vaccino o cura. Lo gestiamo, da duemila anni, con “chiacchiere furbastre e vigile attesa (ultimamente molto scarsa)”.
Siamo nel 2023, sono passati 85 anni da allora, e non trovo alcun’altra definizione che: “Questo è un mondo in tranche!” L’Occidente starà mica buttando via un altro secolo per colpevole insipienza?