Merryl, con altri tre artisti statunitensi, è in missione segreta (per conto della non-profit Action for Soviet Jewry) in piena Guerra fredda e all’arrivo oltre cortina succede come previsto: perquisizioni, domande, controllo di strumenti, spartiti e quaderni pieni di note. Gli appunti importanti non vengono scoperti; sono molto ben nascosti.
Il gruppo è seguito negli spostamenti, forse in URSS dubitano persino che i quattro siano musicisti ma gli americani musicisti lo sono davvero e suonano. Si spostano in Georgia, poi in Armenia e grazie alle info nascoste incontrano i colleghi della Phantom Orchestra, dissidenti coi quali oltre a suonare scambiano indicazioni (poi rivelatesi utili) per aiutare chi vuol fuggire dall’URSS.
Gli statunitensi vogliono proseguire verso Riga ma senza apparente motivo vengono fermati da agenti sovietici, riportati a Mosca, interrogati, trattenuti e poi espulsi, non prima di un altro controllo bagagli.
Nonostante le continue perquisizioni nessuno si è accorto che le informazioni nascoste (con l’aggiunta ultima di quelle raccolte dai dissidenti) sono sempre state in bella vista, scritte in musica.
Tra gli spartiti di Merryl, un album pieno di brani musicali scritti a mano contiene pagine di note che nascondono dati in codice. La Goldberg aveva infatti ideato un codice basato sulla sostituzione delle lettere dell’alfabeto con le note e altri segni tipici della scrittura musicale. Una nota corrisponde alla lettera A, un’altra alla B ecc.
Così dove tutti vedono pentagrammi e note la sassofonista legge nominativi, indirizzi di chi vuol incontrare e altre info utili alla missione. Il tutto arricchito da elementi musicali veri ed estranei al codice, ad esempio tonalità e indicazioni come “meno mosso” “coda”, inseriti per dare veridicità alla scrittura in musica.
Certo all’occhio dei musicisti, gli unici a potersi accorgere che qualcosa non quadra, i pezzi musicali “finti” paiono strampalati però provando ad eseguirli possono sembrare esperimenti di musica contemporanea. È musica che non ti aspetti, ma potrebbe persino funzionare.
Questa storia, già in parte rivelata all’epoca, è stata raccontata nel giugno scorso a San Francisco dalla stessa professoressa (che oggi lavora all’Università in California) a Rsa Conference, conferenza sulla sicurezza e a Wired magazine.
La vicenda delle note in codice sta avendo ora una eco forse inattesa e si arricchirà di particolari visto che sarà articolata in un libro cui la Goldberg sta lavorando.
Vi lascio qui il video della conferenza durante la quale si mostra l’album e si fa sentire “come suona” un frammento del codice (dal minuto 10.35).