Il senso dello humour ha accompagnato Šostakóvič (nato a San Pietroburgo, 1906) lungo tutta la sua travagliata vita, immersa nel difficile rapporto con il governo sovietico, ora adeguandosi (spesso solo in apparenza) alle direttive, ora incappando in denunce e censure.
Conosciuto dal grande pubblico per aver scritto il Valzer impiegato da Kubrick in “Eyes Wide Shut” - una pagina lieve che può essere letta come spensierata o sottilmente amara - Šostakóvič, anche nei momenti più tesi della vita non mancò mai di ricorrere ad un pizzico di umorismo, ed aveva una straordinaria capacità di tradurlo in musica.
Spesso nella sua produzione sbucano pagine musicali dal sapore ironico; a volte sono allegri motivetti, semplici, fanciulleschi, apparentemente fuori contesto; altre sono sberleffi musicali grotteschi, parodie e satira feroce.
Ricorrere allo humour è anche un mezzo per abbassare la pressione e allentare la tensione dell’ascoltatore, specie in qualche punto delle sue composizioni dallo spessore tragico.
È così nel secondo movimento della Sinfonia “Leningrado” (1941), in cui “un po' di umorismo” si inserisce nella tragedia che racconta in musica l’assedio di Leningrado.
E veniamo alla Sinfonia corale n.13 di cui dicevo in apertura: “Babij Jar”, il fossato nei pressi di Kiev noto per il massacro nazista di migliaia di ebrei ucraini nel 1941, e uno dei luoghi dove ora è tornato l’orrore. Il primo movimento dà il titolo alla sinfonia ed è una funebre processione in cui, sui suoni aspri dell’orchestra si alza la voce dei singoli e del coro degli oppressi. Il secondo si intitola “Humour”, un valzer giocoso dal ritmo saltellante che suona irriverente anche grazie ai timbri orchestrali; un espediente musicale per irridere i potenti, i dittatori di turno, sempre affannati nel tentativo di imbrigliare lo spirito delle persone (e Šostakóvič lo sapeva bene). All’oppressione risponde la voce del popolo, per il quale l’umorismo “È forte. È baldo. È lesto/Di tutti infischiarsi lui può”. La musica sottolinea con tono beffardo.
Il compositore insomma impiega l’umorismo in tutte le sue sfaccettature, a volte in modo schietto, altre più sottilmente, da scoprire nel significato vero. Le sue partiture sono spesso colorate di accenti ironici, che Šostakóvič sosteneva essere la miglior arma per esprimersi quando esprimersi liberamente non si può. Un significativo insegnamento del musicista, che diceva: “La mia musica non è mai come appare, si nasconde”.
Sta all’ascoltatore scoprire l’ironia tra le note.