Musica in parole


La Fisarmonica piace ai giovani

Il suono della fisarmonica è rock in alcune canzoni di Sting, è il ritmo sincopato del tango argentino agli albori, è il jazz di Richard Galliano. Strumento protagonista nella Cantata per la rivoluzione di Prokofiev, caratterizza la musica folk di tanti Paesi, crea atmosfere musicali per il cinema come in Midnight in Paris di Woody Allen e Il Postino di Troisi.

La band degli Aristogatti comprende un micio fisarmonicista. In una foto del 1967 John Lennon prova alla fisa All ou Need Is Love. Si potrebbe continuare perché lo strumento è davvero trasversale rispetto ai generi musicali e sappiamo che era anche nell’organico della surreale orchestra di Auschwitz.

La fisarmonica ha una storia italiana perché la sua struttura attuale nasce nella piccola bottega di Paolo Soprani che nel 1863 avviò la prima produzione a Castelfidardo, divenuta poi centro di produzione internazionale famosissimo in tutto il mondo, ancora oggi.
Non va dimenticato che l’intuizione di uno strumento a mantice la si deve a Leonardo da Vinci: sulla base di suoi disegni e appunti è stato possibile costruire un prototipo funzionante, parente più che prossimo della fisarmonica.

Legata a nostalgia e malinconia, alle immagini dei migranti italiani che la suonano nei lunghi viaggi verso il nuovo continente, credo si pensi alla fisa come a uno strumento superato ma alla prova dei numeri non è così. Moltissimi in questi ultimi anni i partecipanti a festival internazionali, concorsi e raduni in cui si mischiano persone di tutte le età. C’è un risveglio dello strumento che grazie alla sua versatilità intercetta anche i giovani e in questo la fisarmonica digitale fa la sua parte. Sono sempre di più le scuole, amatoriali e non, che attirano i giovanissimi. Oggi le fisarmoniche suonate dalla Gen Z sono colorate, intarsiate, fluo e non di rado hanno qualche scritta sul mantice.

Non solo, c’è un crescente interesse per la letteratura specifica e si cominciano a sentire giovani di vero talento. Come scrive Massimo Pitzianti «lo strumento non ha secoli di produzione dedicata ma grazie alla sua duttilità riesce a descrivere attraverso la musica anche la contingente realtà artistica, sociale e storica».
Da qualche anno lo studio dello strumento è disciplina accademica in alcuni Conservatori italiani. Lo stiamo sperimentando anche a Torino: proprio il Maestro Pitzianti, conosciuto al grande pubblico per essere il polistrumentista sempre in scena con Paolo Conte, sta per avviare un corso sul repertorio e tecniche della fisarmonica, improvvisazione e trascrizione. Per l’Istituto sarà un arricchimento come lo è da tempo, con successo, per prestigiosi Conservatori esteri quali Parigi, Vienna, Londra. Si è tracciato insomma un ponte musicale tra generazioni, contando sui giovanissimi ai quali affidare il futuro dello strumento.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Filippo Baggiani (Torino): commerciale settore moda, scrittore allo stato quantico
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro