Il museo dei vecchi amanti

Oggi pongo a voi lettori questo interrogativo: quando smettiamo di amare qualcuno, dove va a finire tutto l’amore che provavamo?

Già, brutta domanda: le storie che credevamo destinate a un favolistico “vissero per sempre felici e contenti” a volte terminano diversamente dai nostri piani. Ci ritroviamo allora in un più realistico “vissero per sempre separati e contenti” oppure “vissero felici ciascun per conto proprio”. Il sommo Dante si rivolterebbe nella tomba: l’innamoramento non ha una data di scadenza; d’altronde nel suo “Inferno” ci dice che l’Eros è così forte da non abbandonarci nemmeno dopo la morte. Tuttavia la vita, carica di incombenze quotidiane e noiosissimi affanni, sembra dare torto a questa nobiltà d’animo dove pure i lussuriosi si promettono l’eternità. La realtà odierna ci propone piuttosto relazioni a tempo determinato, più simili alle condizioni contrattuali propinate ai lavoratori del nuovo millennio.

Che l’amore non sia un investimento a capitale garantito lo sappiamo tutti, ma credo che nessuno di noi conosca una risposta al quesito posto all’inizio del testo: dove conservare le macerie di un sentimento perduto? Beh, incredibilmente qualcuno ha trovato una soluzione: a Zagabria esiste il Brokenships Museum, ovvero il museo delle relazioni interrotte. Una galleria dove sono conservati i cimeli/residui di ogni storia finita, oggetti all’apparenza insignificanti che portano con sé il ricordo di un tempo che fu. La galleria nasce dall’ironico lampo di genio di Olinka Vištica e Dražen Grubišić, i quali hanno pensato di trovare casa a tutte le suppellettili rappresentative del loro amore interrotto. All’interno della collezione troviamo qualsiasi sorta di reperto: un frisbee, delle muffole, una raccolta in tre volumi delle opere di Proust. Ciascun articolo esposto è accompagnato da una targhetta, dove è raccontata la storia per cui lo troviamo nel museo.

Per quanto sia risolta de facto la problematica iniziale, penso che il merito di questa curiosa raccolta non stia nell’inglobare costantemente frammenti di vite passate. L’originalità è invece quella di attribuire universalità al sentimento: mostrare come, con linguaggi sempre diversi il nostro amare sia invece sempre uguale, pure quando finisce.


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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop