IL Digitale


Cosa succede al settore digitale?

Quest’anno il settore tecnologico USA ha licenziato 240.000 persone, infrangendo il record del 2001. Le grandi aziende, Microsoft, Meta (Facebook), Google, Amazon, continuano a far benissimo in borsa, ma hanno licenziato decine di migliaia di lavoratori in più riprese: cosa succede? È solo colpa dell’avidità degli azionisti e loro CEO con la felpa, di particolari condizioni del mercato del lavoro, o si nasconde qualcosa di tecnologico dietro a questa dinamica?

Sicuramente la crescita dei tassi d’interesse ha tarpato le ali delle piccole aziende: un investitore, che può guadagnare il 7% di interesse senza il minimo rischio, adesso non investe più in una start-up con scarsa probabilità di avere un buon ritorno. E pure le multinazionali preferiscono tenere i soldi al sicuro, invece di scommetterli su rischiosi prototipi.

Anche le società di medie dimensioni come Spotify, Mojo, Expedia, Stack Overflow, LinkedIN, Qualcomm e molte altre si sono unite a questa tendenza di eliminazione dei lavoratori. Dopo che il primo apre le danze dei licenziamenti, gli altri si accodano rapidamente perché non fanno più notizia. I lavoratori dal canto loro si proteggono, e con la scusa del lavoro da remoto molti gestiscono due lavori a tempo pieno: sono ben 40.000 i programmatori che condividono trucchi e suggerimenti in un solo gruppo Discord.

Una cosa che accomuna tutte queste aziende, specialmente quelle che eliminano più gente, è la vendita del Software-as-a-Service, il paradigma della economia di piattaforma. Avete presente quelle applicazioni che potete usare gratuitamente con poche funzionalità, e quando iniziate a trovarvi bene e magari altri colleghi vi imitano, iniziano a farsi pagare in un crescendo di tariffe sempre più costose? Son proprio loro quelle che licenziano più di tutti.

Amazon quest’anno ha tagliato più di tutti in America: 27.000 persone in cinque riprese, nonostante profitti enormi. L’economia di piattaforma si basa sul fatto che i prodotti, ossia le funzionalità software che usate, sono standard. Iniziando ad usarle gratuitamente, come anni fa Prime ed ora ChatGPT, non vi sognate nemmeno di chiedere delle modifiche in modo che il software faccia esattamente quello che volete: siete voi ad adeguarvi, è gratis! E poi, anche quando iniziate a pagare, lo fate per gradi, passi piccoli a sufficienza a non farvi arrabbiare. In gergo questa strategia si chiama product – lead – growth (crescita basata sul prodotto), e consiste nel centellinare qualche funzionalità alla volta passando dalla gratuità al far pagare un canone annuo esoso.

Il piccolo problema di riuscire a fare un software unico per milioni di clienti, dove tutte le funzionalità sono standard e disponibili à la carte, è che una volta terminato lo sviluppo non servono molte persone per manutenerlo ed aiutare i clienti. Ecco spiegato il motivo tecnologico di questo enorme calo della forza lavoro: l’efficienza e scalabilità che tanto bene fanno agli azionisti ed allo stipendio del CEO, son gli stessi che tagliano la necessita’ di avere dipendenti in azienda.

A questo si aggiunge che la nuova generazione di LLM, da ChatGPT, a Bard, a Llama2 ed altri che arrivano adesso sul mercato, aumentano notevolmente le produttività del programmatore, con buona pace dei pochi che rimangono e disperazione di quelli che vengono licenziati. Il CEO felpato finge contrizione ogni volta che elimina posti di lavoro, e poi gongola con gli azionisti.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite