Il resto pare un film: una boccata da un sigaro nel fumoir del Bar Loui nello Steigenberger Wiltcher's. È la vecchia D-Lounge diventata un club privato per fumatori nel 5 stelle (in senso alberghiero) fra il neoclassico e la belle époque nel cuore della Bruxelles ottocentesca. Ci troviamo per caso mentre sto riguadagnando il parcheggio dopo un incontro. Lui veste la divisa fuori ordinanza di una prestigiosa e storica Marina europea ed è appena tornato da Zagabria.
Qui, negli ultimi giorni di febbraio, soffocata dall’ondata di reportage sul COVID-19 o Coronavirus, la notizia non ha avuto granché rilievo. Lo stesso sito universalmente scopiazzato per le notizie europee, l’ottimo Euractiv.com, l’ha messa un po’ in secondo piano, aiutandola a sparire e soprattutto a non essere ripresa da altri (pigri) media nazionali, oltre La Stampa. Politico.com, con il puntuto lapis di uno dei suoi migliori inviati (un abilissimo italiano, gran musicologo e melomane) ne ha dato un resoconto asciutto e dettagliato che servirà a chiarire qualche aspetto della vicenda.
È un piatto ricco e sofisticato, pieno di allusioni e sapienti indizi destinato all’invio di un paio di consistenti segnali di fumo avvistabili da Palazzo Berlaymont, dal Justus Lipsius, sede del Consiglio, e per dalle più abili vedette in servizio al Parlamento europeo.
Ventitré stati membri dell’Unione hanno convenuto nel quadro della presidenza di turno croata di creare un forum spionistico per condividere tre volte all’anno quanto sospettato, raccolto, accertato. Il nome che si sono dati ha un sapore accademico, Intelligence College in Europe (ICE). Ci hanno messo praticamente un anno. Il concetto è nato nel marzo 2019 concretizzando una indicazione di Emmanuel Macron espressa in un discorso alla Sorbona due anni prima. Una magra manciata di riunioni ha prodotto la lettera d’intenti che è stata firmata a fine febbraio, ma l’importanza che questo circolo apparentemente destinato a chiacchiere e scambi di esperienze e al coinvolgimento di stakeholder esterni al procedere delle security nazionali come accademici ed esperti sarà, nella valutazione dell’esperto fumatore di sigari “qualche cosa di molto di più”. Basta guardare il livello dei firmatari della lettera d’intenti, tutti personaggi ai vertici dei servizi di sicurezza degli stati membri. Per l’Italia, il direttore del Dipartimento informazioni e sicurezza, Gennaro Vecchione, accompagnato dai vicedirettori dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna, Aise, e dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna, Aisi. Insomma, spionaggio e controspionaggio. Di suo, il generale della Guardia di Finanza Gennaro Vecchione, “ragazzo del ‘59”, quattro lauree e un master alla Bocconi, un curriculum chilometrico che combina line, staff ed execution pura non è certamente un uomo di chiacchere, pubblicazioni e stakeholder management; gli altri due accompagnatori, neppure.
“Il focus del College sarà, oltre alle attività pubbliche, coordinarsi su radicalizzazione islamica con relativi infiltrati e foreign fighters di ritorno (i combattenti volontari in rientro nei paesi dell’Unione di cui hanno acquisito la nazionalità), l’ormai universale pericolo degli attacchi alla protezione dei dati di privati e imprese e alla sicurezza intrinseca delle reti informatiche anche loro censite “a un gradiente di vulnerabilità ormai inaccettabile per 23 stati moderni”. Senza eccezioni? “Senza eccezioni”. Inoltre, il College servirà anche a far capire a qualche influente gli elementi in gioco nell’esercizio dell’intelligence a livello europeo. Qualche influente come parlamentari o alti funzionari di Commissione (leggi: Commissari di fresca nomina e/o capi di gabinetto nominati su base fiduciaria, personale o politica): “Non hanno senso e dimensione del lavoro che c’è dietro il mantenimento in sicurezza dei nostri paesi”, ha dichiarato un esponente del controspionaggio e antiterrorismo francese.
Fra i firmatari mancano la Grecia per ritardi procedural-burocratici e la Polonia, stizzita dalle posizioni che la Francia ha assunto nei suoi confronti a partire dal 2016 con la presa del potere, ribadita alle ultime elezioni legislative, da parte del partito di destra PiS (Diritto e Giustizia) e le frizioni seguite al ritiro dei polacchi dagli accordi per l’elicottero Airbus e il successivo mancato invito da parte francese a partecipare alla fiera delle tecnologie per il settore navale, Euronaval 2019. Il tutto condito da un acido commento polacco circa le mire egemoniche che la Francia nasconderebbe sempre dietro le proposte di coalizioni dei volonterosi che si succedono per iniziativa macroniana, ricordato dal sito polacco di Euractiv.
Mancano anche Slovacchia, Bulgaria, Irlanda e Lussemburgo, ma si uniranno presto, secondo l’amico che ne riferisce. “Se supera qualche dubbio e il timore di un isolamento con gli americani, potrà giocare un ruolo importante, ed essere il presidente di turno dopo la Croazia, anche UK a dispetto della Brexit; e poi c’è la Svizzera a dispetto della sua neutralità... È ovvio, non possiamo più fare a meno di coordinarci: il ritorno degli attacchi di matrice islamista anche maturati in casa o apparentemente senza contatti con Isis ha scoperchiato altre debolezze che vanno affrontate anche collegialmente”. Certo, riconosce un altro partecipante citato nelle scarne notizie, la migliore collaborazione rimane quella bilaterale, ma è proprio quando abbiamo cominciato a collaborare tutti che si sono visti risultati più concreti. “Certo, siamo ancora lontani da un coordinamento al 100%, ma siamo già molto avanti. È chiaro che il miglior segreto è quello che non si condivide. Non ci scambieremo fisicamente i dossier, ma potremmo rivedere gradualmente i protocolli, e far lavorare insieme gli investigatori, e accelerare risultati. E’ solo più complicato”. Del resto, non si può dipendere da USA Russia e Cina nella raccolta di informazioni da condividere. Parola di Macron...
Non riesco, francamente a capacitarmene: era necessario aspettare fino a ora e creare qualche cosa che fa, ma non fa del tutto, che condivide ma non troppo? Pensavo ingenuamente che il compito già fosse svolto da una di quelle cose di cui si parla sempre poco e che sono ammantate da un po’ di mistero, l’IntCen, European Union Intelligence and Situation Centre, che dipende dai servizi esterni della Commissione, la Farnesina della von der Layen condotta oggi da Joseph Borrel che succede a Federica Mogherini (imperiosamente imposta da Matteo Renzi) e precedentemente dall’incolore Catherine Ashton. Wikipedia liquida IntCen come “agenzia di spionaggio”, una settantina di dipendenti, istituita in seguito al trattato di Lisbona. Senza contare che anche i militari hanno un coordinamento e poi, certamente diversi, ci sono i servizi che sono strutturalmente parte della NATO, anche se le due istituzioni mantengono chiaramente definita la loro differenza e non interdipendenza. Comunque, IntCen “raccoglie informazioni da qualsiasi fascicolo che i paesi membri decidano di condividere”; poca roba a quanto pare. Motivo? Trust, fiducia - e qualche struttura a colabrodo che non garantisce abbastanza riservatezza.
L’ICE, il College, nella doppia accezione di struttura dove si impara, ma anche alla francese collège, dove si condividono le scelte, prenderà concretamente avvio questo mese di marzo.
Speriamo non si trasformi velocemente in un ennesimo zombie istituzionale e che non demotivi chi ha davvero intenzione di farne uno strumento concreto ed efficace. “Lo sviluppo del 5G, delle reti informatiche iperveloci, la sicurezza delle grandi città e dei paesi, le infrastrutture critiche da garantire, terrorismo e microterrorismo diffuso autoctono o di ritorno, evenienze come i contagi di queste settimane... tutte cose che richiedono equilibri e attenzione e poco blablablage...” Come chiamano a Bruxelles la chiacchiera dilatoria e spesso superficiale della politica politicante della capitale d’Europa. L’Italia ne avrà la presidenza di turno molto presto, dopo la Croazia e UK.
La Casa Europa
Dice che prima o poi doveva emergere questa necessità. Non sembra né strano, né minacciante. Casomai, serve a prendere le misure di una realtà europea di cui non si parla volentieri nell’osservanza del galateo brussellese - la solita riservatezza assoluta, anche quando non serve.