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Primarie considerazioni

A primarie ancora non completate, Biden ha vinto 1500 dei 1900 rappresentanti che gli servono, mentre Trump è un pelo sopra ai mille rispetto ai 1400 richiesti: due prestazioni forti che fanno credere saranno loro due i candidati finali.

In entrambe i casi, gli altri concorrenti di partito sono stati asfaltati, grazie all’operato delle lobby che fanno terra bruciata per evitare la dispersione del voto. Tuttavia, sia tra i Dem sia tra i Repubblicani si vedono voti di protesta, rappresentati dalla Haley da una parte, e da chi ha scritto “non mi rappresenti” sulla scheda democratica. A questi si aggiungono quelli che votano gli indipendenti, come Robert Kennedy Jnr., che pur con tante critiche per le sue posizioni non convenzionali sui vaccini, miete molti consensi su economia, immigrazione e pacificazione dei conflitti internazionali.

Biden ha giocato all’attacco col recente discorso agli americani: 66 minuti a braccio, in una prova oratoria che nemmeno i sostenitori più fedeli credevano possibile, visti i recenti segni di mancamento cognitivo. L’economia tira forte: altri 275.000 posti di lavoro che riducono la disoccupazione a livelli record, la borsa che continua a crescere, ed il settore della produzione che riscontra un +66% grazie al rimpatrio di aziende dalla Cina e di investitori europei che a casa propria non sanno più che pesci pigliare.

Mossa importante in politica estera, dove pur col tappeto rosso ed i migliori complimenti, la Casa Bianca ha prepensionato Victoria Nuland, l’architetta della campagna d’Ucraina. Così come il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, allo stesso modo Victoria ha ottenuto quasi tutto quello che voleva il Presidente: controllo completo dell’Europa, blocco delle merci cinesi e massicci investimenti domestici per quanto riguarda la difesa, la produzione e la tecnologia. Manca il coperchio però: Putin è ancora ben saldo al comando, e non mentirebbe nel dire che ha tenuto testa all’occidente, e che può sparare ancora con la forza che vuole.

Occorre un minimo di realismo a questo punto: nonostante i proclami starnazzanti degli alleati oltreoceano, un’escalation del conflitto in Europa non sarebbe negli interessi americani. L’economia europea andrebbe in arresto cardiaco, noi saremmo costretti a sacrificare soldati finora felicemente risparmiati grazie ai fratelli ucraini e, specialmente, la Cina farebbe tombola. In Israele poi Bibi continua ad ammazzare bambini terroristi, con le nostre bombe: figuraccia per Biden. Adesso è meglio lasciare l’Europa e concentrarsi su Medio Oriente ed Asia, per dare una calmata agli arabi e contenere i cinesi.

Il sostituto di Nuland viene proprio da anni di lavoro in India ed estremo oriente, dove la politica estera americana adesso deve investire tutti gli sforzi possibili, lasciando ai cugini europei la patata bollente del rognoso processo di mediazione con Putin. Riuscirà il nostro Presidente a riorientare la nostra politica estera per fare almeno una figura decente in tempo per le elezioni?

Trump tra pagamenti milionari di danni in tribunale, minacce di altri guai giudiziari, e pochissimi amici all’estero, ha le sue gatte da pelare per arrivare a riprendersi la Casa Bianca. Anche se evita il carcere, le sue probabilità oggi sono concrete, ma non ha la vittoria in tasca. Potrebbe provare un colpo di teatro, magari col suo amico in Corea del Nord, con Xi, vedremo.

Spero che in Europa si prenda coscienza del fatto che tanta retorica e geopolitica americana, quella di Nuland e compagni, parla di alti ideali e nobili principi come cortina fumogena, ma dietro a tanto fumo l’arrosto è fare solo gli interessi dell’America. Tra chi cerca di confondere gli alleati, e chi dice chiaramente che l’obiettivo è far grande il paese, senza perder tempo e soldi a proteggere i fratelli d’oltreoceano, meglio stare con chi non prende in giro il prossimo.

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In questo numero hanno scritto:

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Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro