Appena Musk prova a comprare Twitter invece, si scatena il pandemonio: tutti contro denunciandolo apertamente come fascista oppure, in modo più subdolo e mezzo falso, come folletto o leader controverso.
Folletto? Forse perché, per sua stessa ammissione, affetto da Asperger? Forse perché ha inventato di tutto, da sistemi di pagamento come Paypal, al mercato dell’auto elettrica con Tesla, a razzi spaziali riciclabili, a lanciafiamme e vodka da $250 a bottiglia? Forse perché fa veramente ridere e facesse il comico a Broadway avrebbe una carriera? Più che folletto, pare il genio della lampada di Aladino: ne combina di tutti i colori.
E perché mai dovrebbe essere un leader “controverso”? Forse perché quando lui lanciava l’auto elettrica i Migliori CEO la classificavano “una cagata spaziale”? Perché a Shangai ha tirato su una fabbrica in un anno? Perché ha girato 60 satelliti sull’Ucraina in 6 ore a favore della resistenza? Perché dice e fa tutto quanto gli passa per la testa, senza apparentemente freni inibitori e con totale incuranza di woke e politically correct?
A chiamar Musk fascista menti: è ovvio a tutti che sia un insulto gratuito. Ma se titoli con “folletto” o “leader controverso” riesci a passare in modo subdolo il messaggio che ci sia qualcosa di losco, e magari fai passare Musk per peggiore dei suoi compagni di merende, a base di caviale e champagne.
Uno che invece non chiama Musk è Biden, che per promuovere le sue politiche ambientaliste si fa attorniare dai Migliori CEO di Ford, GM e colleghi, e ci riempie gli schermi e le pagine dei giornali su quanto lorsignori siano leader nell’elettrico, cancellando e non parlando proprio del CEO di Tesla, l’unica auto elettrica che effettivamente funziona. Solo un folletto, o un leader controverso, non si preoccuperebbe di questa cancellazione da incontri e glorificazione sui media: ed infatti Musk se ne frega.
Se pensiamo per un secondo alle testate dei mecenati mainstream, da Bloomberg, all’Economist, al Times, al Washington Post, e pensiamo allo spazio riservato al giornalismo investigativo, al dibattito su temi di Covid o di guerra ucraina, non ci ricordiamo di strenue difese della libertà d’espressione. Per fare un esempio, non balza alla memoria la strenua difesa di Assange, né una chiara denuncia della natura airborne del virus nel 2020, né un ricordo del lavoro di Nuland in Ucraina dal 2013 ad oggi. Non balzano perché una testata mainstream sta molto attenta a cosa mette in prima pagina e cosa sotto il tappeto.
Quindi, se un imprenditore senza peli sulla lingua ed in grado di fare quasi tutto quello che gli rimbalza tra i neuroni, decide di comprare Twitter ed interrompere la censura a senso unico degli ultimi anni, ben venga. I lettori che ragionano con la loro zucca, come quelli di Zafferano, molto spesso si faran delle gran risate (che servono come il pane), alcune volte la penseranno come lui ed altre no. Ritroviamoci su Twitter, o su una delle tante altre piazze virtuali, cercando di scegliere quelle con meno restrizioni alla libertà di parola.