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Università USA tra libertà di parola e cancel culture

Gordon Klein insegnava finanza e contabilità ad UCLA da 40 anni, ben voluto da generazioni di studenti. Nell’estate 2020 uno di questi gli chiede di esser compassionevole con gli studenti neri che sono così stressati per tutto quanto concerne il Black Life Matters. Nella sua carriera ha visto tutte le classiche scuse, dal cane che mangia il compito (o sbava sul computer, in tempi digitali), alla zia di quarto grado che cade dalle scale, e sa cosa fare. Risponde in modo educato spiegando... 

... i passaggi logici, legali ed etici (con citazione di Martin Luther King) che rendono questa richiesta, seppur ben intenzionata, irrazionale ed infattibile. Apriti cielo: gli studenti scatenano il finimondo, petizione per licenziarlo e l’Università fin da subito non fa nulla per proteggerlo. Si dimette e manda tutti a quel paese, dopo 40 anni può permetterselo.

Negli ultimi anni sono quasi cinquecento i professori che hanno perso il lavoro o costretti alle dimissioni per aver detto qualcosa di non politicamente corretto. Anche mostri sacri come Noam Chomsky sono stati criticati e boicottati per aver aperto bocca contro cancel culture e woke. Come mai, proprio nell’America patria della libertà d’espressione, ci troviamo in questo stato? Le università son le prime responsabili, in un esempio stupendo di burocrazia tafazziana. Gli istituti hanno creato dipartimenti per disciplinare diversità ed inclusione: all’Università del Michigan ci sono oltre 80 poliziotti della diversità, con un costo che passa i $10milioni l’anno. I responsabili della diversità ed inclusione dell’Università dell’Oregon prendono $260.000 di stipendio. Sono censori severi e potenti, che oltre a castigare qualsiasi cosa non allineata, favoriscono anche l’ammissione e l’avanzamento degli studenti diversi.

In pratica, il luogo che più dovrebbe essere aperto a sperimentare nuove idee, dove il dibattito dovrebbe essere più protetto per allenare le nuove generazioni ad usare logica e retorica, dove un voto dice se e quanto capisci di chimica organica, si crea un’organizzazione fatta per reprimere l’espressione di qualsiasi cosa che potrebbe minimamente essere offensivo. Interessante anche che ogni anno ci sia una classifica delle università dove più si ostacola e reprime la libertà d’espressione, qui.

Come in occasioni storiche precedenti, il problema non è il numero di professori licenziati: abbiamo un milione e mezzo di professori in USA, quindi che 500 perdano il posto (0.03%) è trascurabile. Il problema sono gli sleep-woking (gioco di parole su sleep-walking, sonnanbuli), ossia quegli insegnanti che evitano di far polemica e, con ignavia o incuranza, vanno avanti. Così ti trovi insegnanti che tolgono Aristotele e Socrate dal corso di filosofia (per forza, erano bianchi privilegiati), quella di letteratura che glissa su Chaucer e Keats perché non vuoi mai passare un messaggio colonialista, ma anche l’endocrinologo che non parla più di “donne incinta” e pensa sinceramente di passare ad ortopedia dove almeno le ossa non hanno sesso. Potrei proseguire con esempi da lacrime agli occhi, ma lascio questo link per chi volesse.

Il danno ai ragazzi è devastante, in linea al lavaggio del cervello subito dai prigionieri di guerra quando sono costretti a riflettere sui loro errori e preconcetti. Vediamo se e quanto i genitori cercheranno di raddrizzare la cosa; sicuramente nel dibattito politico i Democratici hanno preso coscienza della perdita di credibilità che questo sta causando, magari chiederanno ai media di tarare il messaggio. La speranza è che il fondamento della società americana ed ingrediente fondamentale per ogni università, la libertà d’espressione, risalga nelle priorità di queste istituzioni tanto costose. Altrimenti produrranno automi molto malleabili.

“Se non crediamo nella libertà d'espressione per le persone che disprezziamo, non ci crediamo affatto.” (Chomsky)


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